giovedì 18 febbraio 2016

NON E' TUTTO ORO, MA...


 Ornella Bijoux
 Unger
C’è una differenza concettuale fra gioielli e bijoux, che non riguarda il valore di mercato. I primi per quanto  possano risentire del periodo in cui sono stati creati non lo raccontano, sono eterni, assoluti, parlano di un popolo anche dopo secoli. I bijoux riflettono la contemporaneità, sono l’espressione dei tempi, sono legati agli stili di vita, alle relazioni sociali, alle mode.“Il prezioso tende all’eternità, il bijou è rivolto alla cultura del presente” sintetizza Alba Cappellieri, curatrice  della mostra  L’arte del bijou italiano dalla Dolce Vita al Prêt-à-Porter, a Palazzo Reale di Milano dal 19 febbraio al 2 marzo. Promossa e prodotta dal Comune con Fiera di Milano, l'esposizione presenta 300 pezzi unici dagli anni ’50 al duemila. Come dice il titolo, con una parte dedicata all’Italia del dopoguerra e del boom economico, dalla prima sfilata organizzata a Firenze nel 1951 da Giovan Battista Giorgini, in cui nasce ufficialmente la moda italiana, fino al 1968. E una seconda parte dove i bijoux sono accessori del vestire, legati alle tendenze del momento. Si passa così dalla eleganza un po’ pomposa degli anni ’60 allo stile libero e anticonvenzionale dei ’70, dal lusso gridato degli ’80 al quasi minimalismo dei ’90, fino alle sperimentazioni degli anni duemila. Accanto ai pezzi firmati dai grandi stilisti da Armani a Ferrè, da Krizia a Missoni, da Valentino a Versace,  quelli delle cinque maison milanesi (Bozart, Ornella Bijoux,Sharra Pagano, Ottavio Re, Unger) che, ognuna con un suo linguaggio,  hanno fatto la storia del bijou. “Il perfetto incontro tra gesto creativo e attitudine artigianale, la connessione fra l’intuizione del creatore e la capacità manuale dell’artigiano. Cioè il made in Italy” ha commentato Filippo del Corno, assessore alla cultura di Milano.

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