Di questi tempi le parole protesta e tessuto insieme rimandano al tema della sostenibilità. Non è così per la mostra Protext!, da domani al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, città considerata il più grande distretto tessile d’Europa. Come spiega il sottotitolo, Quando il tessuto si fa manifesto, tratta infatti dell’uso del tessuto per istanze di protesta. Provenienti da tutto il mondo gli artisti, giovani emergenti o già affermati. Viene dalla Grecia il site pacific del collettivo Serapis Maritime Corporation, con foto del lavoro sui cargo, sulle navi da crociera e nelle aziende del pratese, stampate su cuscini in materiale
di riciclo. E murales con disegni di lavoratori, da corpi nudi a vulcani. La messicana Pia Camil (1980) presenta un’installazione con collage di T-shirt su cui si alternano slogan di protesta e stemmi di campus universitari (in alto). Il pluripremiato nigeriano Otobong Nkanga (1974) esplora i cambiamenti sociali e geologici e la relazione tra uomo e natura e li riporta su arazzi. La turca Günes Terkol (1981)sceglie l’emancipazione femminile per video, disegni, striscioni su cui sono cucite, realmente, dato che il cucire diventa atto di resistenza, storie di donne che hanno subito violenza o lottano per la loro indipendenza. Il russo Vladislav Shapovalov (1981) parte da una ricerca nell’archivio della Camera del Lavoro di Biella e dalle bandiere di protesta e ne sceglie due con frammenti di tessuto e i nomi delle operaie. Marinella Senatore(1977), una delle più affermate artiste del panorama italiano, racconta la protesta attraverso stendardi colorati, ricamati a mano, come quelli delle processioni religiose, e cinquanta disegni che vanno dagli striscioni delle manifestazioni nel settore tessile a quelli delle donne brasiliane, fino ai grembiuli delle suffragette. Il più giovane, il newyorkese Tschabalala Self(1990)realizza un’installazione fatta di pannelli, dipinti o con collage di tessuti recuperati nei negozi di Harlem, in cui le protagoniste sono donne nere (al centro). Completa la mostra uno workshop con materiali forniti dall’azienda Manteco, che offre agli operai delle fabbriche di tutto il mondo l’occasione di diventare designer. Inaugura lo stesso giorno e termina il 7 febbraio, invece del 24, Litosfera, un dialogo tra Produttivo con le opere di Giorgio Andreotta Calò, suddivise in altri quattro musei, e A Fragmented World con quelle di Elena Mazzi e Sara Tirelli. Tema: viaggio nel centro della terra con le stratificazioni geologiche. E infine dal 24 al 29 ottobre il terzo progetto, Raid. La performance, apparentemente dissacrante, di Marcello Maloberti che mette in relazione le grandi opere del passato con opere simbolo del museo.
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