Fata Morgana: memorie dall’invisibile, titolo incuriosente per una mostra che soddisfa in pieno le aspettative. Ideata e prodotta dalla Fondazione Trussardi, a Palazzo Morando di Milano, è curata da Massimiliano Gioni, curatore ormai "storico” della Fondazione, con la collaborazione di Daniel Birnbaum e Marta Papini. La scelta del luogo è determinante, non solo perché è un museo di Costume Moda Immagine. Come hanno detto Beatrice Trussardi, presidente della Fondazione, e Gianfranco Maraniello, direttore del Polo Museale Moderno e Contemporaneo di Milano, è un edificio dove l’arte contemporanea dialoga con l’architettura, la storia, la memoria. Ma soprattutto perché Palazzo Morando è stata la residenza (donata al Comune di Milano) della Contessa Lydia Caprara Morando Attendolo Bolognini, appassionata di occultismo, con una cospicua biblioteca di libri su spiritismo, alchimia, sonnambulismo, ora conservati nell’Archivio Storico Civico e nella Biblioteca Trivulziana a Milano.
Il titolo della mostra Fata Morgana è quello di un poema pubblicato dal francese André Breton nel 1940, un viaggio tra “zone d’ombra” dove storia, arte e misticismo si intrecciano. Distribuiti al pianterreno e tra la collezione permanente al primo piano, dipinti, sculture, documenti, installazioni, video, foto che raccontano lo spiritismo e la sua nascita a metà 800 e l’occulto in tutte le sue forme. Coinvolte figure eccentriche, medium, malati di mente, artisti, per la maggior parte donne e femministe. Tra le più presenti le opere della pittrice svedese Hilma Klint, frutto di un linguaggio sovrannaturale che "anticipa l’astrattismo di Kandinsky e Mondrian". Non potevano mancare Carol Rama con le creature dalle grandi labbra rosse o Man Ray con il metronomo con occhio o Rosemarie Trockel con l’inquietante neonato nella carrozzina. O ancora Chiara Fumai, scomparsa nel 2017 a soli 39 anni, di cui un'opera è nel manifesto della mostra (foto al centro) o Andra Ursuta romena, classe 1979, con i nudi tra simbolismo oscuro e humour nero (foto in alto). Meno conosciuti Fleury Joseph Crépin definito artista autodidatta, idraulico, musicista, rabdomante, guaritore o Giuseppe Versino con i suoi capi e accessori creati intrecciando fili presi da stracci (foto in basso). Un primo esempio di moda sostenibile, confezionato nell’Ospedale Psichiatrico di Collegno, dove fu internato per anni. La mostra, aperta oggi, chiude il 30 novembre. Unico neo i testi espografici ottimamente compilati, ma mal collegati alle opere.
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