Quello che è singolare nel divertente spettacolo Memorie di una Ciciona, (sì senza la doppia C) è che non ci sono i soliti stereotipi sull’argomento, normalmente utilizzati per suscitare la facile risata. Il fatto di non usare la doppia C è già un indizio dell’inedito modo di affrontare il tema. L’autrice, e unica interprete, Simonetta Guarino sostiene che “le doppie sono faticose e le cicione, oltre che ciccione, sono anche pigre”.
Sola sul palcoscenico Guarino si esibisce in un susseguirsi di battute, aneddoti, considerazioni, scene-flash, impersonando tipi diversi, non solo cicione. Alterna dialetti, parlate con forti accenti, piccole cantate e movimenti vari, che rivelano un suo straordinario e inaspettato talento di mimo. Come quando racconta del Super-io e dell’Es freudiano che esce dal corpo della ciciona e si slancia in un festival di godimenti. O quando diventa la magra commessa del negozio di abbigliamento che inveisce su di lei, ciciona appena entrata, costringendola, proprio come davanti a un fermo di polizia, ad alzare le mani e gridare “No non cerco qualcosa per me, è per un regalo”. Non mancano gli accenni alle non-pari-opportunità tra uomo e donna in fatto di body shaming che Guarino dice “sta alla Ciciona come l’orso al miele”. Ci sono le cicione come si vedono loro e le cicione come le vedono gli altri, tipo la strega-vogliosa-di-salamini. Il ritmo dello spettacolo è incalzante, non ha pause, né cadute. Si arriva alla fine senza accorgersi che sono passate quasi due ore. E soprattutto non si è ascoltato niente di già sentito o risaputo. Memorie di una Ciciona, con la regia di Marco Taddei, è al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 16 gennaio.
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