Il monologo è sempre più presente nelle stagioni teatrali. Le motivazioni potrebbero essere svariate. Dalle più "facilone" come spazi e palcoscenici piccoli a quelle meno semplicistiche e più pratiche sulla complessità di gestire grandi compagnie o di trovare attori giusti. Quello che è certo il monologo non è un tipo di teatro semplice. A partire dal poco materiale a disposizione e, quindi, alla difficoltà di reperire buoni testi e attori e attrici che li sappiano proporre in modo convincente. Se queste due condizioni si verificano, davvero il monologo è una formula teatrale vincente. Un esempio felicissimo è Ma che razza di Otello? di Lia Celi interpretato da Marina Massironi (nella foto) con la regia di Massimo Navone.
A dividere la scena solo Monica Micheli con la musica variata e coinvolgente, da lei arrangiata, per la sua arpa. Nessun arredo tranne un leggio con microfono. L’umorismo è sicuramente un importante filo conduttore, ma non il solo. Otello è raccontato sia come personaggio della tragedia shakespeariana, sia del melodramma verdiano. Con commenti detti in prima persona ora dai due autori, ora dallo stesso Otello e da Desdemona e Iago, soprattutto nel caso di Verdi. Tutto inframezzato da continue riflessioni, quasi sempre riferite al contemporaneo, di Massironi. Vari gli accenni ai luoghi comuni, alla strettezza di vedute di personaggi pubblici, alle loro contraddizioni, alle cadute nel conformismo. Senza mai insistenze pesanti o volgari. Spesso con ben assestati riferimenti a momenti storici o a fatti di cronaca, senza giudizi dall’alto, ma tenendo sempre presente il filone della comicità. Che alle volte è davvero irresistibile. Ma che razza di Otello?, ieri e oggi al Teatro Gerolamo di Milano, è in tournée fino al 19 dicembre.
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