venerdì 20 dicembre 2024

ABBIAMO FATTO TOMBOLA

Stupisce, ma La tombola è una delle più inossidabili tradizioni natalizie italiane. Anzi, negli ultimi anni si è addirittura consolidata, diffondendosi nei salotti più cultural chic. Sarà perché è un gioco "buono", è politically correct perché aperto a tutti, non crea pericolose dipendenze, eccetera eccetera. E in più oltre ad aiutare la socializzazione può essere un palcoscenico per chiunque voglia soddisfare le proprie attitudini o velleità di intrattenitore. 




Anche quest’anno Galleria & Friends, il progetto di Elisabetta Invernici (foto in alto) e Alberto Oliva per riscoprire e valorizzare le eccellenze milanesi dell’artigianato e delle vecchie botteghe, ha scelto di concludere gli incontri con la tombola. E quale storica bottega era più adatta di Cilento 1780?  Il mitico indirizzo di sartoria napoletana datata 1780, con una frequentatissima succursale a Milano in Via Fiori Oscuri, in piena Brera: perfetta sintesi di laboriosa milanesità e di napoletana creatività. Il successo è stato superiore alle aspettative. Alle 17, ora dell'appuntamento, il negozio era strapieno, con la quasi impossibilità di trovare posti a sedere, nonostante le molte sedie, poltroncine, divanetti. E addirittura qualche difficoltà a fare uscire i clienti (tutti stranieri e ignari dell’evento) imprigionati, con i loro acquisti, nella folla dei giocatori. Difficoltosa anche la distribuzione delle cartelle, "turistico-napoletane". Accanto a ogni numero, infatti, il disegno di quello a cui corrisponde nel linguaggio "napoletano-tombolese" con scritta in napoletano e in inglese. Esempio per il numero 10, un piatto di fagioli con la scritta "E fasule" e "beans",  per il 77 "E riavule" e "devils". Per citare due numeri sobri e non vietati ai minori, come la maggior parte di quelli della numerazione. A estrarre i numeri, dopo qualche esorcismo con un grande cornetto rosso,  Gustavo La Volpe (foto in alto) attore e napoletano verace, ora impegnato al Teatro Nazionale nel musical La febbre del sabato sera nel ruolo di Frank Manero, papà del protagonista Tony. A precedere il suo show, peraltro molto brillante, la spiegazione delle regole che hanno suscitato incomprensioni, commenti, polemiche inaspettate e, non intenzionalmente, molto divertenti. Regali dall’ambo alla tombola: bottiglie, biscotti, cioccolato, libri sulle botteghe e foulard per i vincitori delle due tombole, che hanno avuto le felicitazioni di Ugo Cilento, in collegamento da Napoli.


venerdì 13 dicembre 2024

RACCONTI DA BAR

Non era facile mettere sul palcoscenico "un bar sotto il mare", nel senso letterale della parola. Al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano ci sono riusciti con le luci di Mattia Pace e la regia di Emilio Russo, direttore artistico del teatro, che ha curato anche l’adattamento del romanzo del 1987 di Stefano Benni, appunto Il bar sotto il mare. Sul palcoscenico tavolini e sedie e un bancone da bar bianco, con tre sgabelli, bicchieri e bottiglie. Il tutto reso subacqueo da una proiezione di acqua con onde. In scena gli eclettici Roberto Andrioli, Lorenzo degli Innocenti e Fabrizio Checcacci, autore delle musiche insieme a Cosimo Zannelli, sempre presente con la sua chitarra. 



All’inizio una persona del pubblico, scelta preventivamente, è invitata sul palco per rendere più vere le conversazioni da bar. A lui, infatti, si rivolgono per raccontare le storie di paese. Un paese, Sompazzo, senza un’ubicazione precisa, ma collocabile, per la parlata degli avventori del bar, ora in Romagna, ora in  Toscana. Sono i classici pettegolezzi di paese, ma anche ritratti di personaggi "iconici", cronaca di avvenimenti salienti, luoghi speciali. Tutti enfatizzati e coloriti da una buona dose di surreale. Come La disfida di Salsiccia una gara a chi ne mangia più metri, anzi chilometri, per aggiudicarsi una bicicletta. O  il Pornosabato del cinema Splendor. O ancora l’amore tra Pronto Soccorso e Beauty Case. Lui ragazzino intraprendente dalle epiche avventure in motorino con conseguenti voli straordinari e cerotti dappertutto, perennemente inseguito da un poliziotto. Lei bellissima, sogno dei maschi del paese, con le sue microscopiche minigonne fatte dalla mamma con cravatte: da una cravatta tre minigonne. La chitarra di Zannelli fa da colonna sonora, ma ogni tanto il parlato si interrompe per lasciare spazio alle poesie di Benni, trasformate in canzoni da Checcacci. Piacevoli intervalli musicali, assolutamente in sintonia. Il bar sotto il mare è al Teatro Menotti fino al 31 dicembre, con una replica il 31 alle 22, “per salutare il nuovo anno con un brindisi finale”. E lo spettacolo si presta.   
 

venerdì 6 dicembre 2024

UN A SOLO DI UMORISMO

Il monologo è sempre più presente nelle stagioni teatrali. Le motivazioni potrebbero essere svariate. Dalle più "facilone" come spazi e palcoscenici piccoli a quelle meno semplicistiche e più pratiche sulla complessità di gestire grandi compagnie o di trovare attori giusti. Quello che è certo il monologo non è un tipo di teatro semplice. A partire dal poco materiale a disposizione e, quindi, alla difficoltà di reperire buoni testi e attori e attrici che li sappiano proporre in modo convincente. Se queste due condizioni si verificano, davvero il monologo è una formula teatrale vincente. Un esempio felicissimo è Ma che razza di Otello? di Lia Celi interpretato da Marina Massironi (nella foto) con la regia di Massimo Navone.  


A dividere la scena solo Monica Micheli con la musica variata e coinvolgente, da lei arrangiata, per la sua arpa. Nessun arredo tranne un leggio con microfono. L’umorismo è sicuramente un importante filo conduttore, ma non il solo. Otello è raccontato sia come personaggio della tragedia shakespeariana, sia del melodramma verdiano. Con commenti detti in prima persona ora dai due autori, ora dallo stesso Otello e da Desdemona e Iago, soprattutto nel caso di Verdi. Tutto inframezzato da continue riflessioni, quasi sempre riferite al contemporaneo, di 
Massironi. Vari gli accenni ai luoghi comuni, alla strettezza di vedute di personaggi pubblici, alle loro contraddizioni, alle cadute nel conformismo. Senza mai insistenze pesanti o volgari.  Spesso con ben assestati riferimenti a momenti storici o a fatti di cronaca, senza giudizi dall’alto, ma tenendo sempre presente il filone della comicità. Che alle volte è davvero irresistibile.  Ma che razza di Otello?, ieri e oggi al Teatro Gerolamo di Milano, è in tournée fino al 19 dicembre.  

giovedì 5 dicembre 2024

ALIGHIERO BOETTI : GIOCO E POESIA

Difficile descrivere le opere di Alighiero Boetti, impossibile non rimanerne colpiti. “Nessun ordine, nessuna gerarchia. Un bozzetto, una foto, un invito, una cartolina, un ricamo. Solo cose belle di Boetti su Boetti, per capire forse meglio il suo lavoro e il suo pensiero”  scrive Agata, la figlia del Maestro dell’Arte Povera  morto nel 1994 a soli 54 anni. Roma lo celebra con due mostre, una Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando nella cinquecentesca Accademia di S.Luca, vicino a Fontana di Trevil’altra Alighiero Boetti. Cabinet de curiosités alla Galleria Tornabuoni Arte, in via Bocca di Leone.     






Nella prima una statua-autoritratto di Boetti in bronzo accoglie i visitatori nel porticato borrominiano. All’interno una resistenza elettrica che la surriscalda. In mano tiene una pompa che zampilla, però, di acqua fredda (foto al centro a sinistra). Descrive il processo creativo dell’artista, il suo passaggio dalla tensione al rilassamento che ne segue. E’ uno dei rari pezzi unici o comunque che non rientra nei temi del "doppio" e della "proliferazione". Insieme a Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969, disteso sul pavimento della prima sala. In realtà è composto da 111 elementi di cemento. Negli spaziosi saloni le altissime pareti sono interamente tappezzate dalle opere, dietro al vetro con sottili cornici di legno. Segni grafici, ripetuti con piccole varianti di colori o in dimensioni crescenti. O ancora 506 buste affrancate e altrettanti disegni in tecnica mista realizzati con la collaborazione delle Poste Francesi, del Centro d’arte contemporanea di Grenoble, del Museo delle poste (foto al centro). In altri quadri ci sono simboli affiancati ad altri simili, che di casella in casella vengono a comporre un insieme : è la storia della "moltiplicazione".  Impossibile riuscire a vedere tutti i passaggi, come quasi impossibile distogliere l’attenzione. Vale la pena però distrarsi un attimo per osservare lo straordinario pavimento. Totalmente diverso il Cabinet de curiosités a Tornabuoni Arte. Oltre alle opere sono esposti, e sono anch'essi opere, documenti inediti, cartoline, schizzi, progetti, appunti del quotidiano sulle cose da fare, le spese ecc. Provengono dalla collezione di Agata Boetti e danno vita al personaggio, al suo modo di lavorare, alla sua creatività. Oltre a un video e a una ventina di foto in bianco e nero scattate dal fotografo Giorgio Colombo tra il 1966 e il 1993 (foto in basso). Ci sono i quadretti con le parole, gli speciali ricami, le mappe, forse le sue opere più conosciute. Un’intera stanza è dedicata a Muro e a Zoo. Il primo è un insieme di disegni, foto, schizzi, nato come taccuino di appunti e progetti da sviluppare. Il secondo, pensato dall’artista come un gioco da fare con i figli Agata e Matteo, è un’installazione composta da centinaia di animaletti di plastica e un tappeto con una mappa (foto in alto). La mostra all’Accademia di S.Luca chiude il 15 febbraio 2025, quella in Tornabuoni Arte il 22 febbraio.



martedì 3 dicembre 2024

LETTERE DI E A UN SEDUTTORE SPECIALE

I modi di viaggiare sono infiniti. E’ vero ed è scritto anche sul logo di Albeggi Edizioni. E quindi anche in copertina di La verità di Elvira. Puccini e l’amore egoista di Isabella Brega. In effetti per l’anno pucciniano nel centenario della morte del grande musicista, l’autrice ha pubblicato un’edizione speciale del suo libro, edito nel 2018, arricchendola di una ben congegnata guida di luoghi pucciniani della Versilia e della Lucchesia. Ma non è certo per questa aggiunta, per quanto interessante e ben documentata, che il libro merita una lettura attenta. 


La formula, infatti, è particolarmente incuriosente, si presta a considerazioni e riflessioni sul personaggio. E’ in forma di epistolario: una ventina di lettere, alcune scritte da Puccini, svariate dalla moglie Elvira e dalla sorella (di Puccini) Ramelde, una dalle amiche, forse amanti, Sybil e Josephine von Steigel, una dalla figliastra Fosca. Alcune sono autentiche reinterpretate, altre frutto di fantasia, ma sempre su basi veritiere. L’unico uomo nella corrispondenza è lui, il Maestro, e questo la dice lunga sul suo rapporto con le donne. Capace di forti passioni e gran seduttore, ma assolutamente inaffidabile, donnaiolo irriducibile, gaudente smodato e seriale. In tutte le sue "maschilistiche debolezze" appare soprattutto nelle lettere di e a Elvira, per certi aspetti donna gelosa, vendicativa, disprezzata dai più, famiglia di lui compresa, massacrata dai critici,  eppure determinante nella vita e nella carriera di Puccini. Anche se sempre tenuta nell’ombra. Completano il libro un’intervista alla famosa soprano bulgara, da moltissimi anni in Italia, Raina Kabaivanska, e alla nipote ed erede Simonetta Puccini, figlia naturale di Antonio, unico figlio di Elvira e Giacomo, morta nel 1917.