giovedì 28 aprile 2016

SHAKESPEARE IN PAPER


Ha senso proporre Shakespeare in modo classico? Può essere attuale nel terzo millennio? Cercando di rinnovarlo non si finisce per denaturarlo? Cosa c’è veramente di lui in certi spettacoli intitolati come le sue commedie? Domande come queste sono all’ordine del giorno, anzi dell’anno, dato che si celebrano i quattrocento anni dalla morte del Bardo. Le risposte  spesso sono un cumulo di banalità, come lo sono in un certo senso le domande stesse. L’importante forse è non cercare spiegazioni assolute.  Ed è il metodo  che ha seguito Hystrio, trimestrale di teatro e spettacolo, per il dossier dedicato a Shakespeare. L’obiettivo che si sono posti il direttore Claudia Cannella e la redazione è stato “Evitare l’accademia” e ha funzionato. Hanno affrontato il tema non sentendo il parere di studiosi che sarebbe stato anche più facile e rassicurante, ma hanno fatto parlare, o anche scrivere, chi con Shakespeare ha convissuto. “Non 
ci interessa la filologia ma chi materialmente mette il sangue”. E così l’editoriale è  stato affidato a due registi, il quarantenne lituano Oskaras Korsunovas e il settantenne Carlo Cecchi. Entrambi, in modo completamente diverso, hanno messo in evidenza la contemporaneità del Bardo e come ha cambiato la loro visione del mondo. Cecchi con il suo intelligente cinismo ha raccontato di come i ragazzi di strada a Palermo hanno capito e fatto loro quel teatro. In un articolo  c’è un sondaggio sulle opere  più rappresentate e perché. Amleto è al primo posto, ma La bisbetica domata è diventato il cavallo di battaglia anche di attrici improbabili.  Mentre  Riccardo III e Macbeth sono quelle che si sono prestate maggiormente  a edizioni in chiave comica. Dalle varie interviste  ad attori e registi emerge come l’attualità di Shakespeare dipenda anche dall’aver inventato sia il montaggio, sia la sceneggiatura.  Ci sono pagine dedicate alle commedie e tragedie diventate cinema, musical, balletto, pubblicità. E addirittura fumetti, che hanno avvicinato i giovani al teatro e curiosamente sono stati fedeli all’originale. In un articolo si parla dei contributi particolari come i disegni di un artista di strada ispirati a Shakespeare e usati poi come scenografia. Le risposte  alle domande banali quindi ci sono nel  dossier e sono sintetizzabili in quanto detto alla presentazione della rivista: “Bisogna cogliere dallo spirito inglese e prendere Shakespeare come un vecchio nonno che racconta storie interessanti”. “Si può conservarlo oppure distruggerlo e ricrearlo. L’importante è non usarlo come pretesto ed essere fedeli nell’infedeltà”. “Bisogna saperne cogliere la flessibilità e usarlo quasi come un canovaccio”. “Se lo si tradisce ci deve essere una  ragione valida, se no è solo inutile provocazione”.

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