giovedì 17 novembre 2016

QUANDO SI DICE TRAGEDIA GRECA...



Ci vuole coraggio a portare in scena una tragedia come Le Baccanti di Euripide in un normale teatro di prosa. Anche perché le tematiche sono davvero troppo lontane dalla realtà. Difficile vedere una contemporaneità nella ferocia di Dioniso/Bacco, irato perché non riconosciuto figlio di Zeus. Forse si può arrivare a una metafora sulla crudeltà dissennata del potere. Ma l’operazione è comunque forzata. Daniele Salvo, il regista, non ha tentato strade alternative, ma ha proposto una rappresentazione  esaltando addirittura gli eccessi da tragedia greca. Non ha molto variato il testo e neanche il modo di esporlo e ha puntato su scenografia e coreografia straordinarie. Creando qualcosa a metà tra la performance d’arte e l’installazione. La vicenda o trama non è che un filo conduttore. Ed è forse per questo che la prima parte funziona quasi da antefatto, lascia perplessi e si segue meno. Mentre la seconda coinvolge il pubblico, lo incolla alla scena, provoca gli applausi. Arriva al culmine con Agave, la baccante  che in preda alla follia ha fatto a pezzi il figlio Penteo, convinta nell’esaltazione di avere ucciso un leone.  E il finale, quando torna in sé, capisce l’orrore provocato, vede la disperazione di suo padre Cadmo, nonno di Penteo, si rivela a sorpresa di un’umanità sconcertante. Prodotto da La fabbrica dell’attore, Teatro Vascello, Tieffe Teatro Milano, Teatro di Stato di Constanta Le Baccanti. Dyonisus il Dio nato due volte, in tournée dal 13 marzo,  è a Milano dal 16 al 26 novembre al Teatro Menotti.

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