venerdì 19 ottobre 2012

TUTTO SUL VINTAGE


C’è un abuso della parola vintage. Con cui piace etichettare quasi tutto, dalla borsa   ai viaggi. E’ sufficiente un pezzo di un brutto laminato plastico di un colore infelice e un mobile diventa “vintage Cinquanta”. Basta qualche centenario e subito in una località si parla di vacanze vintage. Per ora sono  immuni dal vintage le persone e il cibo. E le ragioni sembrano ovvie.   Anche nella moda  il termine non sempre si usa  a tono.Da un lato si propone come vintage tutto quello che un tempo era solo “usato”, senza alcun valore aggiunto. Dall’altro  si nasconde con “stile  vintage” il vuoto di creatività in  un  capo nuovo.
 Anni 90. Completo in poliestere di Issey Miyake (Archivio A.N.G.E.L.O.)
Per chi vuole chiarirsi le idee, una mostra alla Fondazione Museo del Tessuto di Prato potrebbe essere la soluzione.  Per “Vintage. L’irresistibile fascino del vissuto” si deve aspettare fino al 7 dicembre, ma si avrà tempo  poi per vederla fino al 30 maggio.   L’esposizione si prospetta autorevole perché ideata e organizzata ”in” e “da” una città  che  sul  tessuto  usato  ha creato la sua storia e un’economia con 30 mila addetti e 4 miliardi e mezzo di fatturato annuo di cui due miliardi di export. E’ negli obiettivi degli organizzatori evidenziare il significato culturale del vintage, come fenomeno di costume, sociale, economico. Nella prima delle quattro sezioni si scopre che l’usato ha radici lontanissime. Rammendi e toppe non erano solo negli abiti dei poveri, ma nei guardaroba dei ricchi si tesaurizzavano i pezzi di tessuto. Nella seconda sezione è Prato di scena con l’invenzione della macchina stracciatrice che recupera la fibra dai tessuti usati,appunto dagli stracci.  Nelle altre due sezioni si racconta  gli albori del vintage, con i mercatini dell’usato  scoperti dai giovani della contestazione.Di come gli stilisti, primo fra tutti Saint Laurent,abbiano incominciato a raccogliere dalla strada questi spunti.E infine come abbia preso il sopravvento il fascino dell’usato, dei capi stonewashed,scoloriti,stracciati,invecchiati artificialmente. Cosa peraltro già in voga secoli fa, quando le vere signore richiedevano gli abiti “frappati”, cioè con gli orli delle gonne stracciati, per togliere quella patina volgare di nuovo .
Degli oltre cento capi di abbigliamento e tessuti esposti, molti provengono dagli archivi di grandi case di moda: Ferragamo, Gucci, Pucci, Max Mara ecc. E moltissimi da A.N.G.E.L.O. l’archivio vintage  di Angelo Caroli, quasi sicuramente il primo ad aver individuato, da giovanissimo, negli anni Settanta, l’importanza del riciclo.  

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