martedì 24 luglio 2018

VEDERE E STRAVEDERE



Si è fortunati ad andarci in un giorno di cielo blu con nuvolette da cartolina(cielo di Lombardia bello quando è bello, come scriveva un certo Alessandro M.). Ma anche con pioggia e/o cielo grigio e un minimo di visibilità, la Torre Prada vale la visita.  E questo indipendentemente dalla collezione permanente. Solo l’edificio che, come hanno detto tutti, dialoga con la Torre Velasca, è davvero straordinario. Quanto promette all’esterno mantiene negli interni. Dai pavimenti alle scale, dal rivestimento in marmo del cosiddetto ascensore dei vip, a quei pannelli orsogrill con sfondo rosa a ogni pianerottolo (  in basso a destra) fino alle straordinarie vetrate a 

tutta altezza dell’ultimo piano. E poi naturalmente il bar e il ristorante con gli arredi originali del Four Seasons di New York, progettati da Philip Johnson e le pareti tappezzate di piatti dipinti ad hoc da vari artisti. Un’architettura di forte impatto capace di imporsi, senza minimamente sovrastare né oscurare le opere. Tutte bisognose di spazio. Dai fantasiosi racconti in scatola di Damien Hirst (in basso a sinistra)all’installazione pelosa o le vasche d’acqua di Pino Pascali (in alto a sinistra).  Dagli enormi tulipani di Jeff Koons, ai lavori di Carla Accardi, Mona Hatoum, William N.Copley. Dalle automobili di Edward Kienholz all’inquietante corridoio  buio che, come in una fiaba  horror,  si apre sulla Mushroom Room con le gigantesche  amaniti falloidi di Carsten Holler. Le sorprese non mancano e comunque la vista di una parte di quella Milano dello scalo ferroviario, ormai utilizzato solo per due rotaie, ha un fascino che non lascia indifferenti.
Da vedere fra le mostre temporanee, fino a ottobre, la quarta puntata di Slight Agitation  alla Cisterna, con le opere di Laura Lima, tra cui il sorprendente Uccello creato in collaborazione con Zé Carlos Garcia. E al Podium la rassegna di John Bock The next quasi-Complex, fino a fine settembre.

giovedì 19 luglio 2018

C'E' UN BOSCO SOPRA AL DIVANO



Ormai il Bosco Verticale, che domina il rinnovato quartiere dell’Isola a Milano, è una realtà acquisita, che piace ma non incuriosisce più. Ce ne sono in altre città del mondo anche precedenti e probabilmente ne sono in costruzione dei simili. Ma il boschetto, da appendere a un muro proprio come un quadro, piuttosto che una parete-bosco in una casa sono una novità. Ora si possono avere senza affidarsi a un architetto di giardini e soprattutto senza essere dotati di uno speciale pollice verde per il mantenimento. L’idea arriva da Londra e lo studio si chiama Urban Roof Gardens. Il nome può creare qualche perplessità, subito chiarita. Qui vengono studiate anche soluzioni per terrazze e                                   tetti. Ma di cosa si tratta esattamente? Il bosco-quadro è un pannello quadrato o rettangolare di varie dimensioni dal mezzo metro di lato in su. In plastica riciclata  ha delle vaschette dove mettere la terra e un sistema di irrigazione che confluisce, nel caso di un quadro, al lato base della cornice, nel caso di una parete più grande su vari punti laterali. L’acqua si versa con un imbuto e garantisce l’idratazione per almeno sei settimane. Esiste comunque un piccolo elemento che segnala quando l’acqua sta per finire. Si può acquistare il pannello-quadro solo con la terra o già con le piante, di specie studiate per stare bene in appartamento o su terrazzi a determinate temperature. L’installazione è semplice, non occorre un tecnico specializzato. Per il quadro ci vuole la stessa destrezza che per attaccare uno specchio di un certo peso. Particolare non trascurabile il boschetto può essere collocato anche in un ambiente senza luce e sole. In quel caso si può accessoriare il tutto con una speciale lampada.  E per chi ha problemi di un tetto squallido che rovina la vista da una finestra esiste la possibilità di rivestirlo con dei pannelli con piante grasse o simili che non richiedono alcuna manutenzione e innaffiatura. E ovviamente tutto si può acquistare online www.urbanroofgardens.it

mercoledì 18 luglio 2018

BALLERINE AL MUSEO



Che siano importanti si sa, che siano osannate nel cinema e considerate le rappresentanti di una forma d’arte, ormai è un fatto acquisito. Ma che le ballerine   
siano ora 
                 in mostra in uno dei più importanti musei del mondo stupisce davvero. Eppure è così, da maggio la ballerina Cendrillon  è stata inserita nella collezione permanente del Museum of Modern Art di New York. Ovviamente non si tratta di una ballerina qualsiasi. E’ in pelle con profilo di gros grain, realizzata con la tecnica della cucitura a rovescio risvoltata e sottoposta durante la lavorazione a numerosi controlli. E’ stata creata in color rosso carminio da Rose Repetto, nel 1956, per Brigitte Bardot che la indossò in Et Dieu crea la femme, film con cui l’attrice è entrata nella leggenda. Fondatrice della maison Repetto nel 1947, appunto Rose, mamma del celebre ballerino-coreografo Roland Petit, che le aveva chiesto una scarpa per ballare sulle punte.  E lei nel piccolo negozio-laboratorio, a Parigi, vicino all’Opéra, costruisce la prima ballerina da punta. Ma non si ferma alla danza e crea una serie di modelli in diversi colori che diventano subito le scarpe preferite degli anni ’50.  Nel 1970  propone sempre a tacco basso la francesina  con lacci che dedica alla nuora Zizi Jeanmaire e chiama Zizi. Il modello si adatta e piace anche agli uomini, tanto che Serge Gainsbourg ne diventa il testimonial. Nel 2009, sia per lui che per lei, nascono i mocassini Michael, realizzati anch’essi con la tecnica della cucitura a rovescio risvoltata. Repetto da anni, oltre alle scarpe,  produce borse, collant, qualche capo e anche il profumo, lanciato con una straordinaria campagna. Nel 2007 per festeggiare i sessant’anni della maison è nata la fondazione Danse pour la vie per sostenere il mondo della danza  e  aiutare i bambini che non hanno i mezzi per accedere a dei corsi, fornendo anche l’attrezzatura completa. Un esempio sono i ragazzini delle favelas di Fortaleza. Ormai Repetto è un simbolo francese. Non è un caso che per il 14 luglio e per la vigilia della finale dei mondiali abbia realizzato  nel monomarca sugli Champs Elysèes , uno dei sei a Parigi, una vetrina di grande effetto bianca, rossa e blu.  

martedì 17 luglio 2018

PROMESSE D ' ESTATE



E’ proprio vero che la moda non si ferma mai. Sono appena finite le ultime sfilate dell'uomo a New York, che già in giro per il mondo incominciano sporadiche, ma neanche tanto, le anticipazioni per la donna dell'estate 2019, in attesa delle fashion week di settembre. Milano, non è da meno. Ed ecco Aniye By, brand di Carpi, che ha presentato la sua collezione alla Segheria da Carlo e Camilla (dove con Carlo s'intende Cracco, of course). Il fascinoso spazio d'archeologia industriale, appunto una ex segheria, decisamente in contrasto con la collezione e quindi perfetto per farla risaltare. Muri scrostati, travi a vista, finestroni da fabbrica. Con forse unico elemento in sintonia i lampadari a gocce, dal sapore fastoso-decadente non 
lontano dall’ispirazione vintage degli abiti. Sono, infatti, quasi tutti da cocktail o da sera, con  deviazioni ovviamente sulla cerimonia. E tutti accessoriati con tacchi a stiletto. Nessun completo, quasi inesistenti i pantaloni, qualche giacca, per le sere più fresche. Ruches, volants, pizzo, plissé soleil, frange e paillettes. Vita segnata nella maggior parte dei casi e scollature generose. Pezzi quindi molto femminili e donanti per cui la caduta nel banale è ogni tanto inevitabile. Varietà nei tessuti con una prevalenza di raso, seta e chiffon. Tinta unita soprattutto, con l’eccezione  di qualche stampa animalier. Azzurro, crème, rosa, oro , rosso i colori. E bianco per l’abito da sposa corto, ma con piccolo strascico e un velo fino alle spalle che copre anche il viso. Orientaleggiante e seduttivo.