E’ Finnegans
Wake di James Joyce. Un testo che si potrebbe leggere incominciando da
qualsiasi punto. Per Enrico Terrinoni e Fabio Pedone, impegnati nella
traduzione dei capitoli non tradotti da Luigi Schenoni(scomparso nel 2008),nel
romanzo c’è una particolare fluidità. Che parla dell’errore, delle ambiguità e
non può essere spiegata. “E’ un libro fuori controllo, sfuggito al suo creatore
e l’incontrollato va lasciato tale”. Per Giulio Giorello, filosofo della scienza
oltre che appassionato lettore di Joyce, la fluidità del mondo e la difficoltà
di fissarla a parole sono l’elemento chiave
di Finnegans Wake.Per John Meddemmen,
professore di Storia della Lingua inglese, esiste un forte legame con le
filastrocche che gli insegnava sua nonna. Le stesse frasi si ripetono e proprio
come nelle filastrocche prevale la musicalità.Tutto questo e molto altro è
stato detto ieri a una tavola rotonda coordinata da Giuliana Bendelli, docente
dell’Università Cattolica di Milano e autrice di La Veglia di Joyce(Vita e pensiero, 2012). L’incontro, avvenuto nel
cinquecentesco Collegio Ghislieri di Pavia(il cortile in alto, gli interni in basso), ha aperto una giornata dedicata
allo scrittore dublinese. Che è proseguita con letture da Ulisse,in italiano, e di alcune pagine di Finnegans Wake in inglese, nell’animata e ben rifornita Nuova
Libreria il Delfino (foto a sinistra)in Piazza Cavagneria. E si è conclusa con un aperitivo pittorico nella vicina Galleria d’Arte Viciani. Qui Paolo Colombo ha esposto 18
dei suoi 111 oli su tela, ispirati all’Ulisse. Amante di Joyce,l’artista sta
incominciando la traduzione figurativa di
Finnegans Wake, di cui qualche
anticipazione è stata proiettata durante la tavola rotonda(foto in alto).
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