mercoledì 30 ottobre 2024

GHIACCIO BOLLENTE

La veste grafica, se ancora si dice così, è tanto attraente da pensare che l’interno possa deludere, dato anche che il libro parla di un marchio di moda. E invece Iceberg-1974-2024 rewind – fast forward  (edizioni La nave di Teseo) “delude” ma in senso positivo, nel senso che sconvolge le aspettative. Ci se ne accorge già a pagina 9 con l’introduzione di Angelo Fiaccavento. Che continua fino a pagina 14 scrivendo delle molte identità del marchio. Con un’analisi precisa e ben spiegata sui vari cambiamenti o meglio “le epifanie e fenomenologie che la griffe ha assunto in cinque decadi di storia”, appunto dagli anni 70 a oggi. 



Quindi si entra nel volume, immaginato come un assemblaggio di fogli prima sparsi, poi raccolti secondo il periodo. Quel che si dice uno "scrapbook". Sono disegni, pubblicità con ritratti di personaggi, schizzi, foto per riviste di moda, introdotti da una tabella con gli avvenimenti in Italia e nel mondo, non sempre i più importanti in assoluto, ma quelli che sono stati più determinanti nei cambiamenti di due decadi. Esempio dal 1970 al 1990: 1989 "...cade il muro di Berlino". Ma anche : 1985 "L’edonismo reaganiano è etichettato e sdoganato a Quelli della notte". A cui segue nella pagina dopo la descrizione di come la moda sia stata influenzata dal contesto e nello stesso tempo abbia influenzato il contesto, in ognuna delle due decadi. Che sono anche le decadi dedicate a Jean-Charles de Castelbajac, al quale si deve molto, nome compreso, della trasformazione di un’azienda di maglieria in un brand iperfashion. Come spiega bene la piccola storia in fondo al volume Un iceberg in Romagna. Da Gilmar a Iceberg senza ritorno, scritta da Marta Franceschini. Un racconto quindi fatto di immagini forti, ben studiate negli accostamenti dall’art director Luca Stoppini (che con Marco Sammicheli ha ideato e allestito la bella mostra Forme Mobili alla Triennale di Milano, dove sono presenti capi di Castelbajac), che sembrano al primo sguardo casuali, mentre niente è lasciato al caso. Nelle decadi dopo, i cambiamenti alle volte sono graduali alle volte più dirompenti. Sempre messi in evidenza dai più grandi fotografi del momento (Oliviero Toscani, Patrick Demarchelier, David Lachapelle, Peter Lindbergh, Steven Meisel), capaci di cogliere e raccontare il nuovo della creatività dei talentuosi stilisti che hanno lavorato per Iceberg. Tra i quali Marc Jacobs, Dan & Dean Caten, Giambattista Valli, Alexis Martial, Arthur Arbesser, e l’attuale James Long. Per nominarne qualcuno.   

martedì 29 ottobre 2024

LIBERTA' E' PARTECIPAZIONE?

Il tema è datato, quasi cinquantenne. Se ne può sorridere e ironizzare ancora. Ma la domanda che ci si fa è se può continuare a reggere come spettacolo teatrale. Una risposta affermativa la continua a dare il titolo “Libertà obbligatoria”. Contradditorio fino al surreale, polemico, con la giusta venatura di humour.  Ed è quell’ironia non cattiva, né per questo qualunquista e superficiale, che rende gradevole la nuova versione di Libertà Obbligatoria, grande classico di Giorgio Gaber e Sandro Luporini del 1976, da vedere fino al 31 ottobre al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano. 


La regia è di Emilio Russo che, spiega, ha voluto considerare lo spettacolo di Gaber come "un classico da interpretare e pur nella sua universalità provare a contestualizzare". Ha preferito al monologo originale "una lettura collettiva tra musicisti e attori". E così ha introdotto, accanto al gruppo del precedente premiatissimo Far finta di esser sani, due attori di teatro, per rendere più chiaro e pregnante con le parole il pensiero di Gaber. Ed ecco quindi i bravi e convincenti Lisa Galantina e Gianluigi Fogacci dividere la scena con la piccola orchestra(un insolito quartetto) di Musica di Ripostiglio, Andrea Mirò definita "gaberiana per vocazione" con la sua voce entusiasmante e l’eclettico e brillante Enrico Ballardini. L’andamento non è serrato, non ci sono colpi di scena o effettacci, quasi per lasciare il tempo ai ricordi di affiorare e, forse, di confrontarsi con il presente. Si ride, si sorride, ci si sente coinvolti e gli applausi al ritmo delle canzoni lo confermano. Azzeccata la scenografia che racconta una casa dietro tende trasparenti. Divertente e interattivo con il pubblico il bis con Destra-sinistra . Forse inutilmente attesa da qualcuno La libertà (è partecipazione).

venerdì 25 ottobre 2024

AIMEZ-VOUS MOZART?

Che ridere faccia bene alla salute è confermato. Se poi il riso non è cattivo, né amaro, né volgare, né offensivo e presuppone una certa cultura, è ancora meglio. Tutto questo per dire che Classical Therapy del MozART Group, al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano fino al 27 ottobre, è davvero uno spettacolo indovinato e "terapeutico". Sul palcoscenico un vero quartetto d’archi con i due violini, la viola e il violoncello, tutti musicisti diplomati presso prestigiose accademie musicali di Varsavia e Lodz, perché polacchi, che si esibiscono nei teatri di tutto il mondo da quasi trent’anni. 


Inizia come un regolare concerto con tutti in frac e le note del Mozart più conosciuto e poi a poco a poco la scena si trasforma. Qualcuno lo definisce cabaret, perché come in un cabaret ci sono danze, esibizioni, movimenti e uso degli strumenti musicali in modo inconsueto, che scatenano gli applausi. Ma in realtà è qualcosa di diverso, di speciale, dove niente è scontato e già visto.  Per quanto ci siano situazioni che suscitano convinte risate, non c’è presa in giro della musica, che sarebbe per certi versi facile. Nessuna delle gag tipiche su quel mondo, collegate magari al frac o al non coordinamento dei musicisti, o a qualche "stecca" clamorosa. Niente di tutto questo. E’ un racconto quasi storico sulla musica in cui la musica è linguaggio e filo conduttore, insieme a una garbata, ma solida ironia. Ci si mette un cappello da cow boy e gli strumenti diventano chitarre per musica country. Si muovono le gambe in un certo modo ed ecco il più scatenato rock and roll. Si suona qualche nota particolare, si usa gli strumenti come una batteria ed ecco i Beatles, che escono poi di scena uno dietro l’altro come sulle zebre di Abbey Road. Qualche accenno all’opera, ma mai insistito, perché troppo facile e al limite del grossolano. Geniale violino e violoncello suonati a quattro mani o ancora il ballo abbracciati in coppia suonando il violino.  Ogni tanto il primo violino dialoga con il pubblico in un inglese stentato. E sono dei break piacevoli che non interrompono, anzi completano l’atmosfera divertente. Al termine il coinvolgimento di una persona del pubblico con il tipico omaggio O sole mio all’Italia, spiritoso, ma non grottesco in modo scontato. Speciale il bis con un gioco di luci e ombre dietro uno schermo che conferma le capacità acrobatiche del quartetto, specie del secondo violino.

giovedì 24 ottobre 2024

A ZURIGO IL MONDO NEL TEMPO

C’è l’arte visiva nelle sue varie forme, dalla pittura alla fotografia, alla scultura, ma c’è di più nelle mostre che si tengono al Museum Rietberg di Zurigo. La collezione permanente raccoglie i tesori artistici extraeuropei, quindi dell’Africa, dell’America, dell’Asia e dell’Oceania. Ma le esposizioni temporanee, più a tema preciso, spaziano affrontando argomenti diversi, legati alla vita del paese, alla sua storia, alle vicende politiche e sociali. Ne è un esempio In dialogo con il Benin, arte, colonialismo, restituzione che, inaugurata a fine agosto, chiuderà il 16 febbraio. 




Il progetto vuole raccontare le vicende del patrimonio culturale del Regno del Benin, un tempo collocato nell’attuale Nigeria. Passando dal saccheggio dei colonialisti inglesi, alla vendita  dei beni sul mercato internazionale, fino agli scontri e le problematiche per la restituzione.  Quattro i curatori, tutte donne, alcune residenti in Nigeria, altre in Svizzera come Esther Tisa Francini. Interessante e in sintonia con il tipo di approccio della mostra l’allestimento,  con paratie che creano due spazi, uno interno con le opere e uno esterno che lo circonda, con fotografie (in basso l'Oba, tradizionale sovrano del Benin), testi, piccoli video, che illuminano sui passaggi, gli scontri culturali, i diversi modi di intendere l’arte e la cultura, gli interventi europei, eccetera. Tra le opere all'interno si va da pezzi del 16° e 17° secolo a molti del 1800 e del 1900 (nella foto in alto il particolare di una porta) fino ad alcuni, tra cui installazioni, commissionati ad artisti contemporanei su temi scottanti come la schiavitù o la memoria culturale.  Da vedere fino al 19 gennaio nello stesso padiglione, al piano inferiore Ragamala. Dipinti per tutti i sensi. L’esposizione propone una cinquantina di pitture miniaturali dell’India (Ragamala) che raccontano storie d’amore intense e dolorose, mettendo insieme musica, poesia e percezioni olfattive. E’ invece in una piccola villa, accanto alla principale, nel magnifico parco del museo, Iran Portrait of a country, mostra fotografica aperta fino al 5 gennaio 2025 (foto al centro). Sono esposte le immagini di Antoin Sevruguin , nato nel 1851 in Iran da genitori armeni, cresciuto a Tibilisi in Georgia, e poi tornato a vivere e a lavorare a Teheran,
dove è morto nel 1933.  Le 63 foto esposte, solo una minima parte dei 7mila negativi andati distrutti, tracciano in modo poetico e a volte struggente il profilo del suo paese d’adozione, appunto l’Iran, tra il 1880 e il 1896.  



 

sabato 19 ottobre 2024

CORAGGIOSA GRANDEZZA

Il film racconta la vita e le opere di un’artista, senza una cronologia precisa, con dialoghi, interviste, commenti di critici e persone che hanno ruotato intorno a lei. Non c’è una trama, né una sequenza particolare. Eppure quei 60 minuti si seguono come un thriller o con la curiosità di una commedia happy end. Si sta parlando di Maria Cristina Carlini. Il coraggio della grandezza di Pino Farinotti e Tiziano Sossi sulla scultrice. Prodotto da Daniela Azzola è stato proiettato ieri in anteprima al Meet Digital Culture Center di Milano, centro per la diffusione della cultura digitale, a un pubblico foltissimo. 




Certo il luogo è di grande attrazione, ma non è stato quello a influire e ben disporre alla visione. Come neanche la presentazione di Farinotti e Sossi. Breve ma approfondita, perfetta per introdurre il personaggio. E personaggio Carlini (nella foto al centro)lo è, nonostante l’ essere schiva, sempre semplice e naturale, senza mai fastidiose false modestie. Il suo percorso artistico inizia, quasi per caso, a Palo Alto in California, dove appena sposata segue il marito. Qui frequenta un corso di ceramica appassionandosi al torchio, tanto che quando si sposta a Bruxelles, oltre a continuare l’attività artistica, insegna a lavorare al torchio. Nel 1978 ritorna definitivamente a Milano, la sua città, e apre un laboratorio in zona Brera, chiamato Le terre.  Qui sta una trentina d’anni, fino a quando si sposta in una fabbrica dismessa di Via Savona dove attualmente vive e lavora. Il nome Terre non è casuale, le sue opere, quasi tutte di grandi dimensioni da cui il titolo del film, sono realizzate in materiali “veri” come l’acciaio, il corten, il ferro(nella foto in alto Bosco Ferro), il legno di recupero. Raramente sono colorate, i colori li prendono nel tempo. Oltre che con le loro forme parlano con l’irregolarità delle loro superfici. Nei racconti di Carlini non c’è mai niente di autoreferenziale. Si riscontra una grande determinazione, una passione che continua a esserci e a rinnovarsi, ma mai niente di costruito o di forzato. Anche quando parla dell’innamoramento da ragazzina del Tondo Doni di Michelangelo o della fascinazione per la Pietà Rondanini. Sono creazioni incredibili che, dice, le fanno pensare che sia impossibile creare qualcosa dopo. E invece le sue monumentali opere, presenti in tre continenti, la smentiscono. Da Fortezza a Roma a Viandanti e Danzatrici a Pechino. Da Madre e Out & Inside a Denver (foto in basso) a La Vittoria di Samotracia e Icaro a Miami fino a Impronte al Museo del Parco di Portofino e Obelisco in Piazza Enrico Berlinguer a Milano del 2024. 



mercoledì 16 ottobre 2024

LIBERTA' E' RECITAZIONE

Lo spettacolo è coinvolgente. Per quanto parli di qualcosa di lontano, dove il dialogo non esiste, ma la poesia prende il sopravvento. Per quanto racconti di una società e di una civiltà ideale vissuta più di ventimila anni fa, dedita alla ricerca di cultura e bellezza. Quindi al limite del surreale. Gli attori si esprimono più con i gesti e i movimenti del corpo che le parole. Che ci sono, ma sono qualcosa di lontano, che vanno interpretate e devono essere legate al contesto. Un contesto e cioè un palcoscenico con cassette di legno e un grande tubo di plastica, ispirato all’opera dell’artista cinetico Giovanni Anceschi




Lo spettacolo è Extravagare. Rituale di reincanto (nelle foto)con la regia di Ivana Trettel e rientra in una rassegna ideata dalla compagnia Opera Liquida. Ieri è stato al Pacta Salone, il 4 ottobre al Teatro PuntozeroBeccaria dell’Istituto Penale per Minori Cesare Beccaria, e il 25 ottobre sarà al teatro della Casa di reclusione Milano Opera. Il 24 ottobre, invece, arriverà nel carcere di Opera, Antigone della compagnia Puntozero, invitato dalla compagnia Opera Liquida. Non è casuale la scelta di uno spettacolo all’Istituto Beccaria o nel teatro del carcere di Opera, dato che Puntozero è una compagnia teatrale composta da detenuti e non, dell'Istituto Penale Minorile Beccaria, mentre Opera Liquida è una compagnia composta da detenuti ed ex detenuti della casa di reclusione di Opera. Non solo per quel che riguarda gli attori, ma anche per i tecnici audio e luci, gli scenografi, i costumisti. Eccetto per la regia che, per Extravagare è di Ivana Trettel(nella foto), curatrice anche della drammaturgia e per Antigone di Sofocle di Giuseppe Scutellà. Nel programma della rassegna, il 12 e 13 ottobre c’è stato il seminario Il metodo di Opera Liquida : un approccio artistico al teatro in carcere, condotto da Ivana Trettel, che dal 2008 si occupa di Opera Liquida da lei fondata, affiancata da Vittorio Mantovani storico attore della compagnia, ex detenuto. Il 24, 25, 26 ottobre si apre la terza edizione della Masterclass L’officina di Opera Liquida : un incrocio di sguardi tra teatro e accademia, che coinvolge oltre che Trettel, docenti universitari, docenti dei laboratori, quindi attori, formatori, costumisti e persone detenute partecipanti ai corsi, ed è aperta gratuitamente a studenti universitari, operatori e artisti. L’iscrizione alla Masterclass a numero chiuso si chiude domani. La rappresentazione di Antigone il 24 ottobre e di Extravagare il 25, entrambe nel teatro del carcere di Opera, sono invece aperte anche al pubblico esterno. E davvero vale la pena vederle, per il grande impegno e la professionalità delle due compagnie. E soprattutto per la comunicazione empatica. Per prenotazioni e biglietti, entro il 20 ottobre: www.operaliquida.org  

sabato 12 ottobre 2024

MEDEA, CHI E' ?



Quando si dice tragedia greca. Può arrivare alla massima espressione dei sentimenti, delle passioni, sia positive che negative. Non è semplice portarla in scena ora. Difficile gestire quegli eccessi senza cadere nel grottesco. Eppure è un “esercizio” che si continua a tentare. Perché nelle azioni commesse dai personaggi della tragedia c’è dietro un racconto di sentimenti e di passioni così profondo, che messo ben in evidenza può veramente diventare qualcosa di assoluto. E perdere quindi la classificazione di superato e fuori tempo. Questo è avvenuto  per Medea di Euripide, al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano, fino al 20 ottobre. 

Con la regia di Enzo Russo e la magistrale interpretazione di Romina Mondello nel ruolo di Medea (nella foto), per cui nel 2020 ha ottenuto il Premio Enriquez come Miglior Attrice. Ottima la recitazione anche dei personaggi a contorno, da Giasone alla nutrice, che accompagnano la cantante creando un coro fatto di suoni ma anche di gesti, battimani, studiati per fare entrare in un’atmosfera soffocante di trame, malintesi, false speranze, intrighi, fino alla spietata uccisione da parte di Medea dei suoi figli. Sul palcoscenico pochi elementi senza precisi connotati: forse una barca, dei bauli. Che aiutano a descrivere un mondo senza tempo, dove niente è sicuro e le certezze non esistono, e soprattutto non esiste un’unica verità. E’ un mostro Medea che, per castigare l’ex marito fragile e ingenuo, gli avvelena con l’inganno la futura moglie e uccide i figli avuti con lui?  O è una donna tradita e non tenuta in considerazione dal marito, ingrato, a cui gli ha fatto avere il prezioso Vello d’oro, che non vuole abbandonare i figli in mano a un uomo ambizioso e crudele? Una storia che potrebbe non essere così lontana da fatti di cronaca nera.

venerdì 11 ottobre 2024

TIRATI PER LA JACKETTA

Fa piacere che nel molto parlare di sostenibilità nella moda, ci siano delle proposte concrete e immediate. Da parte di chi, senza spacciarsi per “salvatore del pianeta”, dà un contributo alla causa e tiene viva l’attenzione sul tema.  Uno degli ultimi casi è quello di Jacketta, nuovo brand ideato da Priscilla Stecca, giovane e brillante professionista con al suo attivo una lunga esperienza nel settore sviluppo prodotto e comunicazione per marchi di lusso. In collezione solo blazer o meglio dire giacche, da cui il nome che mette insieme, con una nota di humour, l’idea di una giacca non impegnativa, appunto una "giacchetta", con l’inglese, “per una grafica comprensibile a livello internazionale”, spiega Priscilla (foto sotto).  



Le giacche sono realizzate su suo disegno con i resti dei tessuti di varie aziende che per le scarse dimensioni, al massimo 6 metri, non hanno più mercato. Sempre pregiati, come alpaca e cashmere, e sempre made in Italy. La giacca, chiamata Olivia, dal nome della figlia,  è realizzata, su ordinazione, in una ventina di giorni, in tre taglie e nei colori scelti dalla cliente, da tre sarte "a chilometro zero", perché in Umbria, dove Priscilla è nata e risiede. Esiste anche la variante con l’applicazione, al punto vita, di una banda di tessuto in contrasto , sempre proveniente dal recupero nella filiera. O di altri tessuti coloratissimi, che vengono dall’Africa e sono lavorati da donne. Per chi preferisce un flash di etnico. 

  

mercoledì 9 ottobre 2024

ANIMAL HOUSE

Cos’è il bike joring? Come si collega alla bicicletta? Il treibball  forse parla di palle o di palloni?  Certo canicross e dog scooter riguardano i cani, ma cosa sono? Per saperlo bisognava andare a Quattrozampe in Fiera, al Parco Esposizioni Novegro di Milano,  il 5 e il 6 ottobre "i due giorni pet friendly più famosi d’Italia”. Sono solo alcune delle discipline sportive riservate ai cani che si sono viste  nei 10 ettari di parco della fiera. Il bike joring e il dog scooter sono simili, solo che nel primo caso i cani trainano una bici con passeggero, nel secondo una moto. Il canicross, è intuibile, è una corsa campestre in cui cane e conduttore (in genere il padrone) corrono insieme. Quanto al treibball, che ha suscitato grande interesse, è una sfida tra cani che devono spingere i palloni attraverso una porta, guidati dai comandi del padrone. Le proposte non finiscono qui. 




Per i cani amanti dell’acqua c’è il disc dog, intuibile dal nome in cosa consiste o l'agonistico acqua dog. Per i meno sportivi (cani) che vogliono dar prova di ubbidienza c'è il classico mobility dog.  Nei quattro padiglioni della fiera, aperti ovviamente ai quattrozampe, solo se accompagnati, ci sono le proposte per sonno e riposo come le cucce in memory foam (cioè composte, come i materassi degli umani, di più strati per meglio adattarsi al corpo) o i tappetini in fibre naturali o con magneti per un effetto terapeutico e analgesico. Oltre a un campionario di oggetti e attrezzi per rendere piacevole, anche per il padrone, il viaggio in auto. Molto frequentata l’area destinata al Pet à Porter con tutte le proposte fashion per pelosi. Dai collari e i guinzagli ai cappotti di vario tipo, anche personalizzati per i più frivoli. Meno frivola la novità di questa edizione il Granny’s Pet Award Design, un concorso promosso da Quattrozampe in fiera  con il patrocinio dell’ADI (associazione per il Disegno industriale) che premia i progetti e le app pensate per migliorare il benessere degli anziani nella gestione di cani, gatti, conigli e altri animali domestici. 

venerdì 4 ottobre 2024

MOLTO PIU' DI UN RICORDO

Di spettacoli omaggio a Fabrizio De André ce ne sono stati svariati nei 25 anni che hanno seguito la sua morta prematura. L’amore scoppiò dappertutto in prima milanese al Teatro Menotti Filippo Perego, dal 3 al 5 ottobre, ha sicuramente una connotazione più intensa, speciale. “Non per ricordarlo...ma per festeggiarlo... tra le parole e la musica, con nuovi pensieri e ricordi che creano un intreccio di emozioni tra il palco e la platea” così è scritto nella presentazione dello spettacolo, in questa versione, ideato e diretto dal direttore artistico del Teatro Menotti, Emilio Russo. E corrisponde al vero. 

                   
Sul palcoscenico Laura Marinoni, cantante e attrice di grande talento e presenza, nei total look di Antonio Marras, e l’ottima musica del Nidi Ensemble. Al pianoforte Alessandro Nidi, che ha curato gli arrangiamenti musicali, alle percussioni, davvero di ogni tipo, Sebastiano Nidi, al trombone e chitarra Filippo Nidi, alla fisarmonica e sax Andrea Coruzzi. Certo il centro dello spettacolo sono le canzoni di De André. Dalla mitica Bocca di rosa alle più sconosciute, da quelle in stretto genovese, incomprensibile ai più, a quelle in italiano con infiltrazioni di "genovese universale" o di inglese, dal tema politico e sociale all’amore di ogni tipo.  Con piccole intramezzi di parlato di Laura Marinoni. Mai spiegazioni o commenti, ma riflessioni derivate dalle canzoni, con tutto il carattere della spontaneità, rivelatrice di una profonda condivisione. Che si riflette nella partecipazione del pubblico, travolto dal ritmo, dall’entusiasmo, sicuramente dai ricordi che le canzoni, ma anche le parole, fanno emergere. Gli applausi dopo ogni pezzo sono sempre più fragorosi, al finale addirittura invitano gli artisti a ben due bis (foto di Laila Pozzo).