E’ un viaggio nel pensiero che parte dall’infanzia quello di Arthur Arbesser, raffinato designer austriaco, basato a Milano. Sono le stampe dei tessuti nei colori dei mattoncini Lego, ma anche i coprisedili da auto anni 80 in perline, che diventano corpetti da sovrapporre agli abiti. Sono pezzi di tende da sole che si trasformano in berretti e in spolverini. Sono i disegni da bambino ripresi per le camicie o le pennellate a contrasto sui gilé. E’ l’aggiunta del graffite da matita che dà lucentezza alla gonna di viscosa (qui sotto). Sono gli orecchini con frammenti di legno, forse delle reti, che galleggiavano in mare, con l’aggiunta di cristalli. A far da sfondo oggetti abbandonati per strada: una vecchia sedia colorata e con uno specchio inserito sul sedile, bottiglie di plastica fasciate di tessuto, ammonticchiate a formare un’installazione in technicolor.
Rhuigi Villasenor, direttore creativo di Bally, fondatore del brand streetwear Rhude, tiene fede ai codici della maison svizzera e propone un escursionista chic, versione maschile e femminile. Ecco sahariane attillate in pelle lucida per lei, trench per entrambi sul beige, marrone, nero. Ma pure abiti con drappeggi e audaci scollature sul dietro e per lui blazer stampa pitone. Hyun Min Han, coreano fondatore e stilista di Munn, si ispira alla MZ generation e agli amati gruppi K-pop. Così lo streetwear si fonde con il sartoriale. Blazer dai tagli ineccepibili, giubbotti di pelle, completi di denim strappati ingentiliti da cristalli Swarovski, perle, borchie ma sostenibili, perché realizzati con la resina dei pini. Molti spunti, anche troppi, nella collezione di Annakiki, disegnata da Anna Yang che guarda all’arte frattale, capace di trasformare risultati di calcoli in immagini, musica e moda. Qualche esempio? La manica a onda 3D, l’abito ricamato al computer con effetto psichedelico. Molto nero, anche accostato al bianco o illuminato da ricami e spolverate di Swarovski. Una nuvola grigia chiude la passerella(foto in basso). Sfila al Museo della Scienza e della Tecnica Hui, brand della cinese Hui Zhou Zhao, che produce in parte in Italia con tessuti italiani e aprirà presto una boutique a Milano con spazio per eventi d’arte. Tutto parte dalla Farfalla Madre, simbolo della trasformazione e della rinascita, secondo una leggenda del popolo Miao, antico gruppo etnico cinese. Così la farfalla con luci effetto ricamo compare sulla parete da cui escono le modelle. Si ritrova nei ricami degli abiti e negli stampati. Per capi dalle forme semplici e dalla straordinaria leggerezza, data dalla trasparenza, dai trafori, dai colori attenuati. Si apre con il bianco e si continua con l’azzurro e il giallo anche abbinati. Righe marinare azzurre sono sotto il trench di seta gialla con stampe a piccoli fiori (foto al centro). Presente anche il denim, impreziosito da ricami. La donna di Elisabetta Franchi è una tanguera sensuale e determinata. Per lei ci sono abiti, tailleur, completi in tessuti sui toni del burro con flash di nero vagamente etnici, che evocano la Pampa argentina, il Messico, il Perù. Come ribadisce la colonna sonora in spagnolo. Il punto vita è sempre segnato, molti i drappeggi e le frange. Tra le uscite due con mamma e bambina vestite simili.
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