“L’uomo che ha distrutto la moda” così era titolato l’articolo del Corriere della sera nell’ottobre 1976, firmato Enzo Biagi, su Elio Fiorucci. Ma è sufficiente leggere il sommario e aver conosciuto il giornalista per rendersi conto di quanta ironia c’era in quel titolo. Ora, a quasi dieci anni dalla scomparsa di Fiorucci, ci si chiede come mai solo adesso gli sia stata dedicata una mostra, che apre domani a Milano e chiuderà il 16 marzo. Location la Triennale, luogo adatto a un personaggio dall’inesauribile creatività, primo a mettere insieme moda, design, musica e soprattutto a cogliere nel mondo stili e modi di vita, reinterpretarli senza snaturarne le caratteristiche fondamentali. Tanto da essere stato “per almeno due decenni un magnete della cultura giovanile internazionale e la culla di contaminazioni più fertili e audaci”. Come ha detto Stefano Boeri, presidente della Triennale, alla presentazione della mostra, dove ha anche parlato di “riempire il vuoto di una formidabile amnesia”.
Curata da Judith Clark, direttrice artistica e docente di Moda e museologia a Londra, con l’allestimento di Fabio Cherstich, regista e scenografo, la mostra racconta un personaggio davvero unico, partendo dalla sua infanzia. Il percorso espositivo si apre con un’ aula scolastica da un solo banco, quello di Elio Fiorucci e una finestra al posto della lavagna. Finestra da cui "il ragazzino distratto e non interessato allo studio" vedeva il mondo, fatto di viaggi, di sogni, ma anche di commercio, che sarebbe stato il suo futuro. Com’ era scritto nel tema su fogli protocollo, posato sul banco. Da qui comincia la mostra con un ordine cronologico, ma non "determinante". “Con il permesso di divagare” ha spiegato la curatrice “E’ un documento aperto, non chiuso... una biografia intellettuale rispettosa delle mura in cui siamo”. Sopra l’aula pendono modellini di aerei, automobili, elementi del viaggio e del sogno. Tutto il resto sono pezzi di archivio, molti dati dai famigliari. “Abbiamo messo in ordine un delirio” ha detto Cherstich. Ovviamente di creatività. Nell’ampio e lungo salone manifesti con le vamp, con i famosi angeli, con personaggi vari, oggetti, e poi fotografie , capi di abbigliamento, i suoi stivaletti in gomma, i nanetti, le borse di plastica. Su un tavolo la ricostruzione della scrivania di Fiorucci traboccante di oggetti. Nelle foto e nei manifesti molti i volti conosciuti, da Keith Haring, a cui Fiorucci affidò il compito di decorare le pareti del negozio di Milano, ad Andy Warhol, che scelse lo store Fiorucci di New York per il lancio della sua rivista Interview. E ancora Basquiat, Madonna, che erano suoi amici. Per tutta la mostra si sente musica di quegli anni, ma anche la voce di Fiorucci che racconta. Svariati i documenti, le foto, gli oggetti di paesi lontani portati da ogni parte del mondo dai suoi collaboratori "trovarobe". Oltre al manifesto della donna pettoruta con occhiali neri, che mostra la pagina con l’articolo del Corriere della Sera.