Al primo impatto affascina e sarebbe sufficiente per meritare una visita. Ma la mostra Vanitas da Brun Fine Art a Milano dà molto di più. Tutto comincia dal titolo. Una parola latina che vuol dire vuoto, effimero, poi prende significati diversi, non sempre positivi. Legati alla bellezza certo, ma anche a quella superficialità che ne deriva, al fermarsi alle apparenze, ai luoghi comuni. La mostra in qualche modo lo racconta. Esposte una sessantina di opere tra sculture e gioielli. Le sculture sono busti o teste in marmo bianco da fine 700 a fine 800, i gioielli sono invece moderni, ma soprattutto contemporanei. Un contrasto-accordo che in qualche modo è enfatizzato dai numerosi specchi sulle pareti, dove oltre le opere si riflette lo stesso visitatore. Con effetti particolari.
Al centro della galleria su un tavolo il classico putto-angioletto con in mano un grande bracciale e intorno teste femminili con collane e spille e una testa maschile con una mascherina d’oro. Tra i pezziforti, proprio davanti alla vetrina, una delle famose Psiche di Pietro Tenerani del 1861 con un gioiello cinetico, datato 1968, di Arnaldo Pomodoro, una catena d’oro “che scivola sulla schiena sublimando la bellezza della scultura”(in basso a destra). E poi il busto di donna con vistosa capigliatura a boccoli del 1838, firmato Francesco Pozzi, che “dialoga” con una collana dall’immaginifico ciondolo del 1974 su disegno di Man Ray del 1937(in alto a sinistra). O ancora il ritratto di Antonio Canova del suo allievo Raimondo Trentanove del 1822 con una coloratissima collana in poliuretano espanso dello scultore Piero Gilardi, scomparso nel 2023(in alto a destra). La mostra, inaugurata ieri, è aperta fino al 19 dicembre da Brun Fine Art, via Gesù 17.
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