All’inizio, soprattutto per la
messa in scena, Trainspotting lo spettacolo di Sandro Mabellini al Teatro
Menotti di Milano, ha dei toni surreali. Ma nel giro di
pochi minuti diventa, in
un crescendo drammatico ma non forzato, realistico e quanto mai attuale.
Eppure è la versione teatrale, firmata da Harry Gibson e poi adattata dal
libanese Wajdi Mouawad, dell’omonimo romanzo di Irvine Welsh che risale al
1993. Diventato poi un film con la regia di Danny Boyle nel 1996. Sono passati
quindi più di vent’anni, il tema della droga ora non è così in primo piano,
eppure lo spettacolo è una fotografia aggiornata all’ultimo momento di una
straziante situazione. Non c’è un sipario al Teatro Menotti, dove è in scena
fino all’8 dicembre, ma i quattro attori accolgono il pubblico seduti a livello
della platea, da cui sono state tolte diverse file di poltrone. Se ne stanno lì
in indumenti intimi con le braccia conserte. E poi incominciano a vestirsi e a
parlare. Sono frasi mozzate, in gergo,
colorate da un turpiloquio corrente, che rivela all’istante la vita di questi
quattro giovani che hanno deciso coscientemente di rovinarsela. Non avere un
lavoro, dovere cercarlo, non avere un amore o un amore che finisce, i conti da
pagare, gli amici che se ne vanno o muoiono, il pensiero del futuro costringono
a una continua situazione di attesa e inesorabilmente all’infelicità. Drogarsi
significa ridurre tutti i problemi a uno solo, trovare l’eroina. Ed è semplice. Questa la loro filosofia per non essere più
schiavi di nessuno, non importa se lo si diventa della Madre Superiora, un vecchio compagno di scuola ex tossico che non
si droga più, ma spinge gli altri a drogarsi, per ubriacarsi e inseguire quei
miti consumistici e borghesi che i
ragazzi che guardano i treni sfuggono e aborriscono. Marco S.Bellocchio,
Valentina Cardinali, Michele Di Giacomo, Riccardo Festa, si muovono in modo
straordinario in una drammaturgia scenica di cui sono autori. Sono
talmente naturali e reali che anche le battute velate di umorismo, non fanno
che rendere più vera la scena tanto che nel pubblico nessuno ride. Anzi si
rimane più coinvolti. Verrebbe voglia di aiutarli a smascherare quella falsa sicurezza destinata inesorabilmente a
distruggerli. Non ci sono moralismi o critiche, ma solo una rappresentazione senza
filtri di alcun genere. E proprio per questo quanto mai efficace.
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