A MOLTI PIACE GRANDE
Sorprendere è tra gli obiettivi di questo Fuorisalone
milanese, ormai troppo viziato dalle più incredibili installazioni, dalle
performance più discusse, dalle parade più
coinvolgenti. Difficile dire qual è l’elemento che in questo momento è più trainante.
Di certo stupire ha sempre il suo effetto. Per quanto si possa avere un atteggiamento
professionale, difficile restare indifferenti a una costruzione con volumi
geometrici bluette, che troneggia in piazza Gae Aulenti (in alto). E’ Lighthenge, "un raggio italiano nel cielo dell’energia globale", progetto di Edison e Stefano Boeri, che sembra contrapporsi, idealmente, allo Stonehenge di Jeremy Deller. Il king size comunque continua ad avere i
suoi fans. Come può passare
inosservata Pantosh
Chair, sedia in legno alta 3 metri collocata ai piedi, si fa per dire, del Museo
del Novecento in Piazza Duomo? Diventa un ottimo stimolo per andare a vedere le
sedute dei designer brasiliani di Be
Brasil allo spazio Edit di Via Marroncelli. Qualche sedia normal size è visibile alle fermate del
tram di Via Broletto e Foro Bonaparte. Un’altra tendenza che salta gli occhi è
la passione per il verde, alle
volte intesa come inno alla sostenibilità, altre
come ricetta per una vita più rilassante. Il fil vert si snoda per tutta la città, ma trova il suo spazio più felice all' Isola e dintorni. A cominciare dagli orti di piazza XXV Aprile, proprio davanti
a Eataly. A pochi passi Don’t call me Daphne,
ermetica installazione di Elena Salmistraro per Timberland, con le sue ghiande-sedili
che pendono dai rami, vuole rappresentare madre natura che protegge la
creatività femminile (al centro). E continua con tutto il mondo ecosostenibile di artigiani
e brand Rething Materials all’ombra del Bosco Verticale. Nella boutique Pinko di
Via Montenapoleone Hanging Garden
dell’artista australiana Mikala Dwyer richiama gli sguardi. I sacchetti-vaso
con le micro-biosfere sono in sintonia con la campagna di sostenibilità del
marchio. Attenzione alla natura ma anche alla salute. Proteggersi dal sole è la
finalità di Sun il progetto di Buro
Belén, lo studio di due giovani designer olandesi. Per
sfruttare l’effetto positivo del sole, evitandone i danni e impedendo
l’inquinamento all’ambiente portato dalle creme. La soluzione sta in una fibra
fatta di sisal, lino e seta con cui è possibile filtrare i raggi pericolosi.
Con questa realizzano abiti, visiere, occhiali, cappelli, un parasole, una
tenda per cambiarsi in spiaggia. Li hanno esposti in un allestimento poor-chic con cocktail a base di Mama Vodka,
la vodka delle donne del Nord, ad Alcova nel mezzo di NoLo (Nord Loreto) il
nuovo indirizzo del design (in basso). Per il momento, a giudicare dai negozi intorno
piuttosto vuoti,non è ancora esploso. Però all’ingresso dei vari vernissage,
filtri e controlli sono già diventati rigidi e implacabili. E un po’ ridicoli.
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