E’
meglio definirla performance o installazione, anche se è tra gli spettacoli
dello Spazio teatrale DiLà di Milano.
S’intitola La terra desolata, come il poemetto (The Waste Land) di Thomas Stearns Eliot di cui è la trasposizione scenica. Incomincia con una lettura di Francesco Tornar che con Claudio Gaj sono ideatori e registi, con il supporto di Valentina Penzo. In contemporanea Cristina Spinetti si muove su sue coreografie . Sul fondale le proiezioni di Alberto Danelli e Francesco Nartinazzo con paesaggi, scorci di città, gente, una Gioconda. Niente di definito. Nel sonoro, curato da Leonardo Falascone, musiche diverse tra cui ricorrente London bridge is fallen down, canzoncina di fine 1700 ancora molto cantata negli asili inglesi. La prima impressione è spiazzante, i rimandi al film The Square immediati. Ma subito ci si rende conto che non si deve capire o trovare una chiave di interpretazione. Bisogna lasciarsi trasportare da quello che si vede, sia le proiezioni sia i movimenti della ballerina. Da quello che si sente, che siano le musiche di sottofondo o i brani del poemetto dove anche nella traduzione è evidenziata la musicalità delle parole. Ma pure i dialoghi, dove il linguaggio e l’accento da lady si alterna alla traduzione del più sguaiato cockney. Voci maschili e voci femminili sempre interpretate da Gaj e Tornar. Si spazia da frasi come Aprile è il più crudele dei mesi, diventata quasi un manifesto del modernismo, ad altre sconosciute. Si entra nel mondo infinito di Eliot. Dalle allusioni all’Antico Testamento alle citazioni wagneriane, dai riferimenti danteschi a quelli joyciani, dai personaggi come il cieco Tiresia dell’Eneide alle formule onomatopeiche in sanscrito. Potrebbe sembrare un esercizi di stile o uno sfoggio culturale, in realtà non lo è, tanto che anche arrivando impreparati si riesce a seguire. L’idea dello spettacolo può apparire presuntuosa da parte di una compagnia (Granchio) di ventenni e appena trentenni, in realtà è un modo coraggioso di proporre un teatro variato. Come racconta il cartellone dello Spazio DiLà. Dove si sono succedute rivisitazioni di classici, pièce prese da storie popolari, quartetti d’archi, spettacoli musicali. La terra desolata replica questa sera, il 24 e il 25 marzo.
S’intitola La terra desolata, come il poemetto (The Waste Land) di Thomas Stearns Eliot di cui è la trasposizione scenica. Incomincia con una lettura di Francesco Tornar che con Claudio Gaj sono ideatori e registi, con il supporto di Valentina Penzo. In contemporanea Cristina Spinetti si muove su sue coreografie . Sul fondale le proiezioni di Alberto Danelli e Francesco Nartinazzo con paesaggi, scorci di città, gente, una Gioconda. Niente di definito. Nel sonoro, curato da Leonardo Falascone, musiche diverse tra cui ricorrente London bridge is fallen down, canzoncina di fine 1700 ancora molto cantata negli asili inglesi. La prima impressione è spiazzante, i rimandi al film The Square immediati. Ma subito ci si rende conto che non si deve capire o trovare una chiave di interpretazione. Bisogna lasciarsi trasportare da quello che si vede, sia le proiezioni sia i movimenti della ballerina. Da quello che si sente, che siano le musiche di sottofondo o i brani del poemetto dove anche nella traduzione è evidenziata la musicalità delle parole. Ma pure i dialoghi, dove il linguaggio e l’accento da lady si alterna alla traduzione del più sguaiato cockney. Voci maschili e voci femminili sempre interpretate da Gaj e Tornar. Si spazia da frasi come Aprile è il più crudele dei mesi, diventata quasi un manifesto del modernismo, ad altre sconosciute. Si entra nel mondo infinito di Eliot. Dalle allusioni all’Antico Testamento alle citazioni wagneriane, dai riferimenti danteschi a quelli joyciani, dai personaggi come il cieco Tiresia dell’Eneide alle formule onomatopeiche in sanscrito. Potrebbe sembrare un esercizi di stile o uno sfoggio culturale, in realtà non lo è, tanto che anche arrivando impreparati si riesce a seguire. L’idea dello spettacolo può apparire presuntuosa da parte di una compagnia (Granchio) di ventenni e appena trentenni, in realtà è un modo coraggioso di proporre un teatro variato. Come racconta il cartellone dello Spazio DiLà. Dove si sono succedute rivisitazioni di classici, pièce prese da storie popolari, quartetti d’archi, spettacoli musicali. La terra desolata replica questa sera, il 24 e il 25 marzo.
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