Che dire di uno spettacolo in cui sulla scena hai
quattro musicisti (contrabbasso, flauto e ottavino, chitarra, fisarmonica) e
una sola attrice, che togliendosi ora la giacca ora i pantaloni di un serio
completo nero, ora avvolgendosi in un boa
rosso, ti porta in mezzo a feste da ballo con walzer, cabaret parigini,
padiglioni nel parco con intrighi, salotti appartati, ambasciatori. Ti fa rivivere una storia
d’amore e di corteggiamenti. Perché questo è l’Allegra Vedova con la regia di Bruno Stori e l’interpretazione
straordinaria di Maddalena Crippa. Le musiche sono le originali di La vedova allegra di Franz Lehar con
arrangiamenti di Giacomo Scaramuzza, mentre il testo dell’operetta di Victor
Leon e Leo Stein è stato rielaborato da Bruno Stori e dalla stessa Crippa. Che
ora è voce narrante con un marcato accento francese, ora Anna Giavari la vedova, con vocina squillante e
un fare malizioso e intrigante, ora il principe Danilo con i suoi toni
bassi e l’inflessione del fantomatico staterello di Pontevedro, forse dell’est,
da cui proviene anche Anna, ora una procace grisette. Nonostante i diversi ruoli, anche in contrasto,
concentrati in una sola persona, non si arriva mai al grottesco, niente è
esasperato, anzi curiosamente i personaggi
nei gesti e nei modi di muoversi, di ballare, di cantare sono ben definiti
e abbastanza credibili da fare entrare nella storia e appassionare. Qualche
merito va all’operetta scelta che, più che centenaria (è andata in scena per la prima volta il 30 dicembre 1905) continua a essere l’opera musicale più
rappresentata nel mondo. Molto certamente alla regia e all’accompagnamento
musicale, ma moltissimo a Maddalena Crippa, perfetta attrice, elegante
ballerina, ottima cantante. Tanto da non riuscire a immaginare nessun altro al
suo posto. E in questo assolo da mostro teatrale sorprende l’incredibile
capacità di emanare simpatia nel relazionarsi con il pubblico. L’allegra vedova è al Teatro Menotti di
Milano fino al 18 marzo.
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