Lo zoo di ars topiaria |
Il giardino del Museo Diocesiano di Melfi |
La difesa dell’ambiente non è una “invenzione” dell’ultimo
secolo. Federico II nel suo “Liber Augustalis” contempla leggi sull’ecologia e decretò
la pena di morte per chi uccideva un animale in estinzione. Nel Vulture, in Basilicata, dove regnò, se ne
avvertono le tracce. A cominciare dalle
foreste popolate di rapaci. Non a caso Federico era un vero addicted della falconeria, rappresentato spesso con falcone sul braccio. E poi gli ulivi e i
vigneti, non estesi, ma sufficienti per produrre buon olio e l’ottimo Aglianico. E’ immerso nel verde il castello
di Melfi, dove appunto Federico scrisse
il suo codice. Vale la pena entrarci per
il sarcofago di Rapolla in marmo bianco, proveniente dall’Asia Minore, con un’elegante
figura di donna distesa sul coperchio. E
per “il bagaglio”, perfino carri e bracieri, con cui venivano sepolti cavalieri e dame. Nella città, sede
di ben cinque consigli papali, il Museo Diocesiano è da vedere solo per il
giardino all’italiana con vialetto segnato da busti bianchi. Anche la chiesa
rupestre di S.Margherita, con l’inquietante affresco “Monito dei morti”, è
accessibile da un fitto boschetto. L’Incompiuta della vicina Venosa (enorme
abbazia che i benedettini incominciarono a costruire con blocchi di pietra presi
da precedenti edifici nell’XI secolo e mai terminarono)non farebbe quell’effetto
spettacolare se non fosse circondata da
alberi e prati, interrotti dai resti di
una città romana. Da Venosa, un po’ arroccata, la vista del selvoso “canyon” in
basso è notevole. La costa Jonica, con
spiagge piatte e sabbiose, è però un eden naturalistico. Si parla di
fenicotteri, lontre, addirittura foche monache. Da non perdere qui Le Tavole Palatine, quel che
resta di un tempio della Magna Grecia.
L’amore per la natura e gli animali sembra essere nel
DNA dei lucani. Come racconta a Melfi il piccolo zoo di ars topiaria, creato
da Camillo Corona, un signore quasi centenario.
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