Le due parti che compongono Angels
in America, il capolavoro di Tony
Kushner, al teatro Elfo Puccini di Milano fino al 24 novembre, pur essendo in
sequenza e complementari, sussistono bene anche prese singolarmente. Con qualche
differenza.
In Si avvicina il millennio l’affresco, come è stato definito, della New York anni ‘80 ha personaggi che
emergono con toni forti, ma sono quasi
degli stereotipi, sembrano non avere una vita vera, se si eccettua forse l’avvocato
Roy Cohn, in quanto personaggio realmente esistito. L’azione è minima, sfumata con
i sogni e le allucinazioni. Nella seconda parte, Perestroika i personaggi acquistano caratteristiche precise, sono
più persone e meno casi umani. Pur
non perdendo niente di quegli eccessi che li avevano resi protagonisti. Da Hannah Pitt, la madre mormona del giovane
avvocato Joe, una fantastica Ida Marinelli, che perde quella configurazione
monolitica quasi caricaturale per acquisire sfaccettature, sentimenti, fino a
diventare addirittura l’ appoggio di Prior (Angelo Di Genio), l’omosessuale malato di Aids, condensato di tutto quello che
il suo credo abborrisce. C’è l’amore che non è solo sesso, fra Joe (Giusto
Cucchiarini) e Louis (Umberto Petranca) ex fidanzato di Prior, con le
incertezze e gli entusiasmi di una vera coppia. E soprattutto diventa cruciale
la figura dell’infermiere trans Belize, il bravissimo Alessandro Lussiana.
Nella prima parte è una macchietta con atteggiamenti da ridicola drag queen,
perfetto cammeo della New York deviata. Nella seconda testimonia il
pensiero razionale, l’equilibrio, il senso
della giustizia, la corretta visione sociale(Illuminante il suo discorso
sull’inno americano e il concetto di libertà travisata), la sensibilità per
aiutare e capire chi ne ha bisogno e lo merita e l’inflessibilità con chi è
spregevole, anche se sul letto di morte. Come Roy Cohn, uno straordinario Elio
De Capitani, che è il regista insieme a
Ferdinando Bruni. Fino all’ultimo crudele, razzista, insensibile, legato a valori
di bieco potere. Mai sopra le righe e convincenti l’angelo Sara Borsarelli e Cristina
Crippa nella parte del fantasma di Ethel Rosenberg, mandata a morte da Cohn.
Superbi i video-scenografia di Francesco Frongia: dal quadretto bolscevico dell’inizio
fino alla folla che si moltiplica del finale.
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