lunedì 11 novembre 2019

L' ALTRA FACCIA DELLA MODA



Che il legame o anche le contaminazioni tra cinema e moda siano forti e frequenti è un fatto acquisito, e non si limita certo ai red carpet. Ma che la moda si occupi di problematiche sociali,   mettendo a buon fine la sua popolarità, non è così scontato. Soprattutto se accade in una manifestazione in cui l’immagine è in primo piano. E’ successo nella sesta edizione del Fashion Film Festival Milano, tenutasi all’Anteo  Palazzo del Cinema dal 7 al 10 novembre.  Fondato e diretto da Constanza Cavalli Etro, con il patrocinio del Comune di Milano, il Festival ha proiettato una selezione di duecento film provenienti da cinquanta Paesi (in alto Constanza Cavalli Etro con i premiati). Vari i corti su personaggi della moda, da Montana di Stella Scott a quelli su fotografi come The times of Bill Cunningham diretto da Mark Bozek e Peter Lindbergh: Women’s Stories con la regia di Jean-Michel Vecchiet. Divertente con dialogo brillante-surreale il film, premiato, di Michael McCoool per il brand JW Anderson. Accanto a questi, video che parlano di tematiche importanti. Di sostenibilità ambientale, come il documentario Asap che racconta l’evoluzione del brand Osklen, primo esempio di moda sostenibile, creato dal brasiliano Oskar Metsavath. O d’inclusività, sia con presenze inaspettate all’interno dei filmati, sia con incontri come la Conversation con Kiera Chaplin, direttrice di The Desert Flower Foundation che promuove la consapevolezza sulle mutilazioni genitali femminili nei Paesi in via di sviluppo. Particolarmente interessante, nonché davvero toccante il docu-film Donne in prigione realizzato da Jo Squillo con Francesca Carollo e Giusy Versace, già presentato alla Mostra del Cinema di Venezia(in basso, un momento del film). Molte parti del quale sono state girate dalle stesse carcerate. Straordinario l’equilibrio. Il realismo senza compiacimenti, nessuna concessione a sentimentalismi ruffiani. Il rigore senza piagnistei e moralismi. Constatazioni con occhi apparentemente neutri con il risultato di un racconto che spiazza, commuove, coinvolge, spinge alla riflessione e crea una fortissima empatia. Tanto che quel ricorrente rumore della chiave della cella è ogni volta un colpo al cuore. 

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