Ferdinand Hodler |
Ci sono almeno tre motivazioni
forti per visitare, ma anche per rivisitare, la Fondation Beyeler a Basilea. Una,
non necessariamente la prima, l’architettura di Renzo Piano, esempio di
leggerezza, di straordinario uso della
luce e di perfetto inserimento, grazie anche alla pietra locale, nel contesto: in
mezzo a prati coltivati a cereali, con vigneti sullo sfondo. Vicino a villa
Berower, costruzione rococò a cui apparteneva il terreno, che ora ospita il ristorante e gli uffici. L’edificio è formato
da tre parti su un solo piano. Un tetto a nord e a sud deborda proteggendo le
vetrate dai raggi del sole. L’interno sfrutta al massimo la luce naturale con grandi vetrate a tutta altezza. Le sale sono di dimensioni diverse per scongiurare ogni
rischio di monotonia. Tra i colpi di genio il laghetto su cui si affaccia la sala con le
ninfee di Monet.
Un angolo della Fondation Beyeler |
Il secondo motivo è la scelta
delle mostre temporanee. Sempre
particolare, mai banale. Per scoprire
aspetti dell’arte meno ovvii. “In scena” dal 27 di gennaio fino al 26 di
maggio Ferdinand Hodler, 80 opere dell’artista
svizzero realizzate negli ultimi cinque anni della sua vita, dal 1913-1918. Insieme al percorso artistico si segue la sua visione della vita in tutti
gli aspetti. E la sequenza dei ritratti della sua compagna ripresa durante la malattia fino
alla morte , ne sono un esempio. Nei
paesaggi con il lago di Ginevra e il Monte Bianco sullo sfondo, dipinti dal
terrazzo di casa, si avverte chiaro e netto il passaggio dalla pittura dal
19esimo secolo al moderno. Interessante
per conoscere l’artista, oltre agli autoritratti, le foto scattate a lui in casa dall’ amica
Gertrud Dubi Muller, il giorno precedente la sua morte.
Il terzo motivo per visitare il
museo è il modo con cui sono distribuite
le opere. Non sono assemblate secondo gli anni o l’epoca, ma per criteri meno codificati. Può essere il passaggio
accennato dal figurativo all’astratto. Può essere la tendenza a privilegiare il colore. Piuttosto che un contenuto
intimista. A parte alcune sale che rimangono uguali nel tempo, come quella di
Giacometti, nelle altre le opere ruotano. Dal 9 marzo è esposta la collezione donata alla Fondation
da Claude e Micheline Renard. Con lavori di artisti del ‘900, da Dubuffet a
Basquiat, da Sigmar Polke a Sam Francis.
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