Jackie a Capri |
Le
icone sono dappertutto. Le indossiamo, le tocchiamo, ci conviviamo. Un tempo,
neanche tanto lontano, erano immagini sacre dipinte su tavole in legno, della Russia del XVII secolo,
note per generare un mercato di falsi. Poi l’icona è diventata un modo per
definire una persona o un oggetto speciale, qualcosa o qualcuno di
rappresentativo che sfiorava il mito. Poi, a poco a poco, tutto si è reso “iconabile”. L’icona può essere un tema ispiratore,
una musa ma anche una presenza immancabile nel quotidiano. Qualche mese fa è
uscita, pubblicata dalla Mondadori, una rivista Icon, con servizi su abiti,
persone, auto nuove icone.
Le
icone di stile sono le più contemplate, spesso effimere come spesso effimeri
sono gli stili. Le più attendibili, davvero espressione di un mondo, un
periodo, appunto uno stile, si omaggiano con mostre, festival, borse. Lancel ha
dedicato la sua prima borsa ecologica a Brigitte Bardot, icona di joie de
vivre, audacia e libertà. A Jacqueline Kennedy e Audrey Hepburn sono
stati dedicati negli ultimi decenni locali, borse, scarpe. Alla prima da Tod’s
lo scorso agosto i mocassini con gommino, la D bag e un bracciale tutto turchese, come il mare di Capri: donna icona nel paese icona. “Icons” è il titolo di una mostra di Elliot Erwitt che ha girato con successo l’Italia .
Accanto a Marilyn, Kennedy, Che Guevara ci sono dieci delle sue straordinarie
foto di cani. Icone animali? Gli
stilisti Aquilano e Rimondi per i 20 anni di Piazza Sempione hanno creato una
capsule collection reinterpretando i capi
“icona” della maison. E per la loro prima collezione per Fay hanno
attualizzato i capi “icona” del marchio.
Tutto
è icona, ognuno può costruirsi, fai da te, la sua. Il significato primo della
parola si è perso. Forse se ci fosse ancora l’URSS e nei lugubri corridoi
dell’hotel Russìa, ora raso al suolo, qualcuno ci proponesse icone per pochi
dollari, penseremmo a un giubbotto di pelle o a un CD autografato di Lady Gaga.
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