Chissà se può piacere ad attori, musicisti, cabarettisti, persone di spettacolo che il pubblico, dopo averli visti in scena, dica che li vorrebbe come amici, per piacevoli serate in casa. Perché è quello che si prova vedendo Non facciamo mai la stessa cosa al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 14 aprile. Dato che il sottotitolo dice Se poi cambia anche il pubblico, siamo a posto è probabile che piaccia a Flavio Oreglio e Alberto Patrucco i mattatori, nonché autori, in scena. Musicisti, attori, conduttori, jazzisti sono entrambi dotati di una comicità e di una capacità di comunicazione colta, brillante, intelligente e mai volgare. Pur non mancando parolacce e doppi sensi.
Dal sottotitolo viene subito voglia di ritornare a teatro a rivedere lo spettacolo, per sapere se davvero cambia ogni sera. Anche se l’intervento all’inizio di un tecnico, per sistemare il microfono di Patrucco che si capisce subito non funzionare veramente, ha generato la seconda sera una sfilza di battute e dialoghi divertenti, di immediata spontaneità e non preparate. Una prova eloquente che i due lavorano davvero su un canovaccio. Che è in parte quello che leggono su un libro, seduti schiena contro schiena o in piedi davanti a un leggio. Seguono commenti, non necessariamente in riferimento. Sono legati al quotidiano, surreali, modifiche o interpretazioni spassose di frasi convenzionali, battute anche facili, ma sempre in accordo con il loro manifesto d’intenti: “Prediligiamo costruire una dimensione d’ascolto informale, confortevole anche se non confortante, nel segno di una normalità ormai dimenticata - distante dalle urla e dalle esagerazioni del sistema mediatico imperante - che oggi, forse, rappresenta la vera trasgressione”. Notevoli gli intervalli musicali con Oreglio al pianoforte e Patrucco alla chitarra, da Bach a Roberto Brivio (uno dei famosi Gufi) in formula standard jazz.
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