Come sarà l'alpinismo nel terzo millennio? Non è una domanda che
ci si pone spesso, ma può capitare
di farsela in presenza di un evento del settore. Ora che si sono conquistate tutte le vette, che si sono
studiati modi e sistemi per far salire in quota anche il ciccione meno
allenato e portare un pubblico sempre più vasto e inesperto a vette prima
irraggiungibili, ci sono ancora possibilità per l’ alpinista autentico? Ci sono
eccome, e sono il vero alpinismo, inteso non tanto come uno sport, ma come
un’esigenza dell’uomo. E’ quanto emerso nell’incontro di ieri nell’Auditorium di
Valtournenche, nell’ambito dei festeggiamenti per i 150 anni della prima
scalata del Cervino. A parlarne tre grandissimi dell’alpinismo: Reinlhold
Messner, il 37enne Hervé Barmasse (foto a destra), la francese Catherine Destivelle (ha
ripercorso in
solitaria la via sulla parete nord
del Cervino, aperta da Walter Bonatti 30 anni prima) ora editrice di
libri sulla montagna. Con loro il giornalista Sandro Filippini autore insieme a
Messner di Walter Bonatti, il fratello che non sapevo di avere. A coordinare
tutti con competenza, ma soprattutto grande simpatia e humour, Mario Calabresi
direttore de La Stampa. “Oggi ci sono le stesse possibilità di un tempo,
materiali e attrezzature sono migliorati, ma la creatività è la stessa” ha detto Messner. Niente a che vedere quindi con
l’alpinismo dei numeri che si esprime con il conteggio delle vette e delle
altezze raggiunte. Di cui l’esempio più clamoroso sono le spedizioni sull’Himalaya,
dove lavorano per tracciare strade e piantare corde più di 500 sherpa…”Il
termine spedizione non esiste più, ha ribadito Barmasse, le scalate sono
diventate una forma di vacanza, in cui non si ha la sensazione dell’avventura.
L’alpinismo invece deve essere creatività, scoperta, una dimostrazione per se
stessi. E si può avere vicino a casa, a chilometro zero”. Non occorre cercare
montagne lontane o battere dei record, ci si può porre nuove sfide nelle montagne vicine. E chi
meglio di lui, valdostano doc, lo ha dimostrato, alternando a scalate nei cinque
continenti, audaci imprese in solitario come la via nuova sul Cervino del Picco
Muzio, raccontata nell’ultimo suo
libro La montagna dentro. Perfettamente in linea, quindi, con quanto detto
molti anni fa da Bonatti a chi gli aveva sottoposto una domanda sul futuro
dell’alpinismo: “Ci saranno sempre degli altri Ulissi”.
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