E’ un tale luogo comune ormai storcere
il naso di fronte all’ennesima mostra di Impressionisti, che è diventato politically correct parlarne bene. L’atteggiamento
critico dipende sicuramente da come queste vengono proposte. Quella di Palazzo
Reale a Milano, da domani al 2 luglio, dedicata a Edouard Manet, al di là del
valore indiscusso delle opere, riesce a coinvolgere, perché mette in luce il
realismo e l’interesse per il momento storico di questa corrente
artistica. Si intitola Manet e la Parigi moderna
e attraverso i lavori del pittore e dei contemporanei rivela le trasformazioni
avvenute nell’architettura,
nell’urbanistica, nel sociale. Come ha detto
l’assessore alla cultura Filippo Del Corno,
svela il rapporto di Manet con i cambiamenti della città e quindi
l’avvento di una nuova pittura. Erano gli anni dell’urbanistica di Haussmann,
dell’Esposizione Universale e della Tour Eiffel, degli inizi della Ville
Lumière e, come ha scritto nella presentazione Domenico Piraina direttore di
Palazzo Reale, iniziava l’agonia della
grande e grandiosa pittura di Delacroix. La mostra, promossa dal Comune di
Milano e da Skira che ha realizzato il catalogo, è stata curata da Guy Cogeval
ex presidente del Musée d’Orsay e dalle due curatrici del Musée, Caroline
Mathieu e Isolde Pludermacher. Le opere, un centinaio circa, provengono dal
museo parigino. Tra queste, sedici tra le più conosciute di Manet e quaranta
dei maestri suoi coevi Boldini, Monet, Renoir, Gauguin e altri. Oltre a vari
disegni, anche di Manet, e qualche scultura. Per meglio evidenziare il tema
della mostra, le opere sono state suddivise in dieci sezioni, corrispondenti ad
altrettante sale. Dai ritratti della
cerchia di amici dell’artista, da Baudelaire a Emile Zola(in basso a sinistra), ai quadri che
parlano della città moderna. Dalle
nature morte ai paesaggi fluviali. Dalle tele dedicate alla Parigi della rinata
vita borghese con locali e personaggi a quelle sul teatro dell’Opéra, simbolo
del nuovo mondo. Una sezione L’heure espagnole esce dal contesto e
racconta il primo decennio del percorso artistico di Manet e la sua
fascinazione per i grandi maestri del passato, soprattutto Velasquez, di cui Il pifferaio, riprodotto sulla locandina
della mostra, e il Combattimento di tori (in alto a sinistra) sono la testimonianza più emblematica. E infine la Parigi dei balli e delle
feste con le donne protagoniste in abiti sfarzosi, seguita da una Parigi del
mistero e più intima, con figure femminili in nero, dallo sguardo magnetico,
come Berthe
Morisot con un mazzo di violette (al centro a destra).
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