MACONDO A SCATTI, NON TRA LE RIGHE
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Una via di Clenaga |
La foto di copertina è significativa, prepara per
quelle all’interno. Proprio come la porta ritratta invita a vedere cosa c’è in
quella penombra. Riproduce la casa dei nonni di Gabriel Garcia Marquez ad
Aracataca, dove ha vissuto fino agli 8
anni, ora diventata museo. Perfetta per il libro fotografico di Fausto Giaccone
“Macondo” (Postcart Edizioni). Attraverso 75 bianco e neri, l’autore racconta i
luoghi della vita e delle opere dello scrittore colombiano. Ma, come ha detto nella presentazione del
volume Ferdinando Scianna,non sono foto letterarie, ma letterali. Dove il
termine non è assolutamente sminuente. “Se vuole essere visionario il fotografo
deve essere letterale” ha spiegato. I libri di Marquez sono il filo conduttore e ispiratore,un modo per guardare il mondo. E le foto
aiutano a focalizzare pagine o figure
dei romanzi. Sono state scattate in tre viaggi fra il 2006 e il 2010 durante i
quali Giaccone si è spostato con lance a motore, autobus, moto-taxi, dormendo
in locande economiche, con un equipaggiamento essenziale e con una macchina
fotografica normale, rinunciando di proposito alla “spettacolarizzazione tipica
dell’estetica del fotogiornalismo”. Ma sono anche il frutto di molti precedenti
viaggi, iniziati con un reportage per
Epoca, e soprattutto della lettura di “Cent’anni di solitudine” durante il
servizio militare. “Quelle pagine diventarono il salvagente che mi permise di restare a galla durante uno
dei periodi più scoraggianti e
problematici della mia esistenza”. In ognuno di questi viaggi Giaccone leggeva
un romanzo o dei racconti di Marquez. E
così frammenti della vita dello scrittore si mischiano e si confondono con
luoghi e figure delle sue opere. C’è il ritratto di un’anziana signora che è stata la baby sitter di Gabo e ci sono angoli di Sucre chesembrano rispondere alle descrizioni
dell’immaginario Macondo. Come ha detto Fabio Rodriguez Amaya, pittore e
scrittore italo-colombiano alla
presentazione del libro, è una narrazione fotografica che coglie il realismo spaventoso della Colombia. Quella terribile violenza e quella povertà imposta dall’esercizio del
potere. Ma anche quella grande dignità sui volti della gente.
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