L’architettura
trasforma la natura in cultura. E’
una frase che può sembrare pretenziosa e
priva di significato. Ma detta da Mario Botta a proposito del Fiore di Pietra è
illuminante. Spiega il contatto-contrasto con la natura, difficile ma
stimolante, che sta dietro il suo ultimo progetto, una struttura turistica che aprirà
al pubblico l’8 aprile (foto in alto). Si trova sulla vetta del Monte Generoso, nel Canton
Ticino, dove sorgeva l’hotel Kulm, demolito dopo uno scoscendimento della montagna
nel 2010. Il luogo, raggiungibile con una delle prime cremagliere costruita nel 1890, ha una vista a 360 gradi che va dall’arco alpino
alle vallate svizzere fino alla pianura padana, grattacieli di Milano compresi,
nei giorni più tersi. Il Fiore di Pietra, con pianta ottagonale, è costituito
da un insieme di torri che come i petali di un fiore racchiudono uno spazio
centrale. Nei quattro piani, sale per convegni, un ristorante con lo chef stellato
Luca Bassan, un self service con terrazza da 120 posti, e un’altra terrazza sul
tetto aperta solo eccezionalmente. Il
rivestimento è in granito levigato e non, a formare delle strisce. Il granito è anche
nei pavimenti degli interni in alternanza al legno di rovere. Un’opera che non
solo s’inserisce nel paesaggio, ma lo valorizza, data la forma che sottolinea la centralità del
luogo. Risponde a quell’affermazione di Le Corbusier, che ha ricordato Botta
nel suo discorso, per cui la prima fase di un progetto è la lettura del
contesto. E questo si vede in tanti lavori dell’architetto ticinese, anche
limitandosi a quelli nel Cantone svizzero in cui è nato. Per quanto con
funzioni diverse, tutti sono studiati per inserirsi nella situazione. A
cominciare dalla chiesa di S.Giovanni Battista a Mogno in Val Lavizzara, costruita al posto della seicentesca chiesa distrutta
da una valanga nel 1986. Qui l’esterno sembra proseguire le linee del paesaggio
intorno con una vetrata sulla sommità aperta al cielo . Mentre l’interno ha
l’essenzialità e la spiritualità delle chiese romaniche (foto al centro). O la Fattoria Moncucchetto,
celeberrima cantina, su tre piani per seguire la disposizione dei vigneti .
Piuttosto che il Museo dei Fossili con quei pannelli di metallo bruciato che evocano
le sedimentazioni nel tempo. A Lugano le pensiline della stazione degli autobus
sono leggere come delle vele, nella perfetta funzionalità. Senso di protezione
e sicurezza danno i muri della Banca del Gottardo, con le righe di granito rosa
e grigio e la forma che richiama una chiave. E’ austera, ma studiata per farsi
vedere senza incombere, casa Ransilia, all’incrocio tra le centralissime Via
Pretorio e Corso Pestalozzi. Con la nota poetica del tiglio sul tetto, che ricorda la tradizione dei
cantieri svizzeri di festeggiare la fine
lavori ponendo un albero, appunto, sul tetto(foto in basso).
giovedì 30 marzo 2017
lunedì 27 marzo 2017
...LUGANO BELLA
E’ vero che è la zona più soleggiata
della Svizzera, ma non è quello che rende attraente Lugano. Può sembrare una banalità, ma la città
ticinese è da vedere per altri aspetti che non sono il lungolago, i parterre dei caffè di Piazza della
Riforma, piuttosto che i monomarca prestigiosi di Via Nassa, presenti da Capri
a Tokyo. Fortunatamente qui intervallati da molti negozi di orologi e sempre
meno negozi di cioccolato. La Lugano che affascina è quella che mette insieme
le architetture contemporanee, non necessariamente di Mario Botta, a capolavori
non così conosciuti del passato. Quanti sanno che nella piccola Chiesa di
S.Maria degli Angioli c’è un affresco di Bernardino Luini con una straordinaria
crocefissione di Cristo con ben 130 personaggi? E di questi quelli della fascia
più in basso sono a grandezza naturale, compresi tre autoritratti dell’artista
in diverse identità e un ritratto del suo maestro Leonardo da Vinci. I colori
sono eccezionali, pare influenzati dalla pittura dei fiamminghi. Più vicino
all’altare centrale da notare due affreschi con la Gerusalemme del Vangelo.
Sono di un autore minore, ma così particolari da aver appassionato un ragazzo americano che ne ha
fatto il soggetto della sua tesi di laurea. Accanto alla chiesa quel che resta
del convento francescano. Con un chiostro (foto in basso)interrotto a sorpresa dalla parete di
un avveniristico edificio, che a sua volta utilizza la facciata di un grand
hotel Belle Epoque. Annesso e collegato il LAC, il centro culturale Lugano Arte
e Cultura, inaugurato nell’autunno 2015 (foto al centro). All’interno sale per mostre, sempre aggiornatissime, saloni per convegni e
un teatro da mille posti con la migliore
acustica del mondo. Nell’idea del
progettista Ivano Gianola, architetto della cosiddetta scuola Ticinese, l’idea
di fare di questo complesso un luogo di passaggio da vivere nella quotidianità
oltre che per gli eventi. Ed è più che un invito il cortile con i cipressi, il
prato e il grande olivo, portato dall’Italia, che si staglia contro la parete
di marmo verde. A pochi passi quel che resta della vecchia funicolare che a
fine Ottocento portava gli ospiti dei grandi alberghi del lungolago alla
stazione(foto in alto). E’ un pezzo di archeologia urbana quanto mai interessante, da gustare
percorrendo lentamente i 200 gradini che lo affiancano. Con il continuo regalo
di scorci inaspettati.mercoledì 22 marzo 2017
QUARANT'ANNI DOPO
Gli anni di piombo e le brigate rosse sono
argomenti che, per quanto si cerchi di archiviare, continuano a essere d’attualità
e di interesse.Se ne è parlato in libri, film, incontri,
spettacoli. Ma un musical sull’argomento non era ancora stato fatto. E la cosa
non stupisce. Se poi il titolo è Piombo.Una
canzone vi seppellirà, è difficile non restare perplessi. E, invece, non
c’è niente di grottesco o che rasenta la parodia, assolutamente fuori posto e
di cattivo gusto in questo caso. E’ un’analisi o meglio un racconto dei
cinquantacinque giorni del sequestro Moro, rievocate dalle lettere dello stesso
Aldo Moro dalla prigionia, dai demenziali comunicati delle BR, dalle dichiarazioni
dei politici, tutto trasformato in canzoni. Che non diminuiscono per niente la
gravità del momento, anzi la intensificano e mettono in risalto la confusione,
la realtà appannata, il surreale di quel drammatico periodo storico. A fare da
filo conduttore il giornalista televisivo, mezzo busto sullo schermo intero
di persona, che commenta, spesso
interrotto e censurato. Sul palcoscenico, oltre a lui e a un Aldo Moro sfinito, ma
non sconfitto, interpretati da Davide Gorla e Andrea Lietti, Enrico Ballardini nei
panni di un brigatista(nella foto con il regista), e due donne, una passionaria Elena Scalet e una mite e
rassegnata Giulia D’Imperio(foto in alto). Regia, musiche, testi e libretto sono di Gipo
Currado. La produzione è curata dalla Compagnia Odemà in collaborazione con
Tiktalik Teatro. Lo spettacolo è in scena fino al 26 marzo al Teatro Menotti.
Dove domani alle 12 si tiene l’incontro Gli
anni di piombo raccontati quarant’anni dopo, a cui intervengono l’ex
magistrato Gherardo Colombo e i giornalisti-scrittori Lello Gurrado e Piero
Colaprico.
domenica 19 marzo 2017
QUATTRO PER QUATTRO
E' meglio un Bedlington Terrier, con l'aria timidissima, che sembra una pecora (v.foto) o un Dogue de Bordeaux che, nonostante l'origine francese e l'assonanza con una mitica testata fashion, è grosso, rugoso e un po' goffo? Chi sapeva che il Turco Van adora l'acqua ed è anche un discreto nuotatore. Oppure che il Maine Coon, malgrado le dimensioni e l'aria da duro, è dolcissimo e assetato di
carezze (v.foto)?
Quesiti esistenziali, forse non di primo o universale interesse, ma che possono essere risolti in parte a Quattrozampe
in fiera, evento ormai alla sua quinta edizione, dedicato a cani e gatti, di cui il primo dei quattro appuntamenti del 2017 e stato questo week end a Roma. Caratteristica importante: la manifestazione si può frequentare con il proprio animale, canide o felino, anche se non è tra i protagonisti. Nel programma una gara per scegliere, tra venti razze, il migliore cane e il migliore gatto, dal punto vista estetico off course, e un Campionato di toelettatura sportiva individuale e a squadra. Soprattutto la prima funzionale per chi vuole trovare il tipo di cane o gatto adatto a lui. E non solo utile per chi il quadrupede lo vuole acquistare, ma anche per chi vuole adottarlo in un canile/gattile. Ormai sono sempre di più gli esemplari di razza, magari comprati o regalati perché status symbol, e poi abbandonati perché richiedono una manutenzione diversa da una borsa firmata o da una poltrona design. Varie e variegate naturalmente le esibizioni di abilità canina. Dall'Agility all'AquaDog, dal CaniCross al DogScooter, al DiscDog. Novità dell'anno per gli amanti dei felini, ma non solo, Les chats noires, uno spettacolo, ripetuto quattro volte al giorno, della compagnia Cafelule, straordinario gruppo di danza verticale, in omaggio all'eleganza dei tanto deprecati gatti neri. Chi si è perso questo Quattrozampe può sempre recuperare con le altre tre tappe: a Milano 10 e 11 giugno, a Napoli 23 e 24 settembre, a Padova 11 e 12 novembre (info:www.quattrozampeinfiera.it).
lunedì 13 marzo 2017
IL VAUDEVILLE COLPISCE ANCORA
Può
sembrare impossibile che spettacoli giudicati comici quasi un secolo fa
possano fare ancora ridere. Tenuto conto che il vaudeville e il teatro dell’assurdo, a differenza del grande teatro classico che mette
in scena modelli umani assoluti ed eterni, fa riferimento a situazioni e
personaggi molto legati al momento e superati. Portarli in scena diventa quindi un gioco di equilibri,
per cui si deve spingere certi eccessi, ma filtrarne altri, rivedere spazi,
pesi, dimensioni. Valutare insomma come mettere in evidenza quello che può
essere ancora attualmente comico. E questo a costo di sfidare quella che era
l’impostazione dell’autore. L’operazione di regia in questo senso dello spettacolo
di Vittorio Ristagno, in scena ieri al Teatro Emiliani di Nervi (Ge), parte
dalla scelta del titolo Mostri da
commedia. Un modo per creare una continuità tra i tre atti unici e attrarre l’attenzione sui personaggi e quello
che dicono, più che sulla storia in cui sono coinvolti. Si passa dagli equivoci
del vaudeville di Georges Feydeau all’irresistibile
teatro dell’assurdo di Jean Tardieu, scrittore e drammaturgo forse meno conosciuto in Italia, con un tipo di umorismo più affine ad Alfred Jarry ed Eugène Jonesco. Qui le parole vengono falsate, usate perché
fanno rima o hanno un’assonanza con quella giusta. Il terzo pezzo è di Georges Courteline con un attacco satirico alla società alto borghese e lo stravolgimento dei suoi formalismi. Sul palcoscenico,
accanto allo stesso regista Vittorio Ristagno, Arianna Comes e Paolo Drago,
velocissimo a entrare in ruoli diversi, compreso quello di una sofisticata
contessa. Ottima l’idea dei cambi di scena con la tipica camerierina (Giovanna Celletti), giovane,
graziosa e un po’ pasticciona, che sposta poltrone, cuscini, tavoli tra un atto
e l’altro. Lo spettacolo replica
il 19 marzo alla Sala Bozzo di Bogliasco (Ge). Per info: www.lunariateatro.it
venerdì 10 marzo 2017
IL SUO NOME ERA....
Basterebbero quelle tre parole “libertà è
partecipazione” per rendersi conto
che Giorgio Gaber è stato molto di più di un cantautore e uomo
di teatro. Quella visione della vita nelle sue canzoni fra il grottesco e il
surreale faceva ridere e metteva voglia
di cantare, ma spingeva anche a riflettere,
a pensare. E’ giusto quindi portare sul palcoscenico spettacoli che, con la
finalità di intrattenere e divertire, mettano in risalto l’acuta filosofia di Gaber. Come hanno fatto Claudio Lupi e
Policrome Khoròs, con Giorgio Gaber, sorpasso
a destra che dopo varie rappresentazioni è in programma da ieri
fino a domenica al Teatro Studio Frigia Cinque, a Milano. In scena Lupi, in completo grigio senza cravatta, che ora al pianoforte ora con la chitarra intona le canzoni di Gaber. Da Destra-sinistra,
a Shampoo a, applauditissima, La Ballata del Cerutti. In alternanza,
ma più spesso con lui, il Policrome Khoròs, uomini e donne vestiti di rosso e
nero, ben preparato e ben diretto da un’energica e trascinante Fanny Fortunati.
Ogni tanto compare l’attore Roberto Frangipane che, oltre a suonare anche lui la chitarra,con letture, battute e racconti, fa da trait d’union fra le canzoni datate (solo
anagraficamente) e l’attualità. Il tono è ironico, scherzoso, con il gusto di esasperare il luogo comune,
con qualche affermazione scontata, ma mai banale. Ma non è un aggiornamento, anzi mette in luce come Gaber
non solo abbia descritto una certa società ma ne abbia anticipata la storia. Aria nonchalant, ma accattivante, Lupi riesce
a coinvolgere il pubblico in una corale
Barbera e Champagne. Bis finale a effetto.
Ben studiate luci e regia, capaci
di creare un palcoscenico, anche se
tutto si svolge in uno stanzone.
Particolare non trascurabile: lo spettacolo è il primo corale su Giorgio Gaber. Per
info:www.quintedicarta.it