Nelle varie e variegate trovate connesse all’esasperazione del politically correct, all’animalismo ottuso, all’integralismo vegano c’è anche la condanna dei risciò trainati da umani, ritenuta perversa pratica schiavista. Se forse aveva un senso definirla così cinquanta anni fa in India, considerare alla stessa
stregua l’attuale formula è davvero ridicolo. E non perché le biciclette ora sono elettriche. Ma perché chi le guida sono giovani, ovviamente retribuiti, spesso studenti o appena laureati, raramente padri di famiglia, che non si limitano a pedalare, ma raccontano con competenza i luoghi in cui portano i passeggeri, in genere
impossibili da raggiungere
con altri mezzi che non siano i piedi o la bicicletta, appunto. Un’ottima messa in pratica, si può vedere nella Bari vecchia, difficile da girare se non si ha un eccellente senso di orientamento. Oltre a tutto una città che deve gran parte del suo fascino alla gente che la abita. E quello del velo-risciò è un buon modo per entrare nello spirito e non sentirsi turisti impacchettati. Comodamente seduti su carrozzelle coperte, con un piccolo plaid in inverno, si apprezza le piccole strade, si gode dei panni stesi ad asciugare, si spia nelle case altrui, con il consenso degli abitanti. Si viene a sapere che una strana Fontana delle facce, la più grande della città, anche se di minime proporzioni, si chiama così perché ha quattro profili, quattro come i rubinetti. Un modo per fare capire alla gente di non sprecare l’acqua, perché si era osservati. O ancora la colonna infame, una vera colonna portata dal porto a cui venivano legati nudi i ladri per essere fatti oggetto di insulti e lanci di oggetti, esclusi i contundenti, da parte della popolazione. E pare che servisse. Si scopre che il Teatro Margherita (foto a destra in basso) dei primi ‘900, chiuso ormai da più di trent’anni, ha le fondamenta in acqua. E non fu una scelta estetica, ma un escamotage per superare un’ordinanza che impediva di edificare teatri su terreni vicini al mitico Teatro Petruzzelli. Davide o Maria Luisa o Annarita, per esempio, informano che nella chiesa di S.Nicola, imponente costruzione romanica in pietra bianca di Bari, al pian terreno vengono celebrate le messe cattoliche mentre nei sotterranei le funzioni con rito ortodosso, data la provenienza turca del santo, le cui ossa furono portate lì da 62 marinai che le trafugarono in Turchia. Se non la segnalassero i ragazzi del risciò non si capirebbe che quella strana riga orizzontale sulla facciata, accanto alla porta a un metro da terra, serviva per misurare le stoffe, nel mercato di tessuti che si teneva in quella piazza. E’ piacevole farsi portare dal velo service nell’Antica Salumeria per assaggiare il prosciutto alla barese cioè a pezzettini, o nel Panificio Fiore (foto a destra in alto)per la famosa pizza barese, da accompagnare invariabilmente con birra Peroni. O andare a provare le orecchiette dalla signora Carmela, che le prepara in un attimo davanti a voi nella sua cucina sottana continuando a parlare in uno strettissimo dialetto con la nuora, il figlio, il marito, il fratello. Mentre su un televisore passano le immagini di Grease in barese, proposto da una Tv locale. www.veloservice.org
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