Il
grottesco è un genere difficile in tutti gli ambiti, perché ha dei confini
rigidi, non lascia spazi di tolleranza. La caduta nel comico facile piuttosto
che nel barocchismo volgare sono sempre in agguato. Per questo Mein Teil, al di là del saper catturare
l’attenzione, è un’ottima prova. Tanto più che l’autrice, Delia Rimoldi, è
partita per la drammaturgia da un fatto di cronaca. La vicenda di un tedesco che dopo aver
attratto a casa sua con un annuncio un uomo, lo ha sedotto, ucciso, cucinato e
mangiato in parte. In parte riposto nel congelatore. E tutto con la vittima
consenziente, come è stato provato dalla videoregistrazione trovata. La scena è
piccola, come piccolo è lo spazio teatrale Dilà, a Milano,
dove è in cartellone da ieri fino a domani. Sufficiente però a ospitare gli
elementi determinanti della narrazione: la vasca da bagno dove il morto viene lasciato dissanguare, un abbozzo di cucina con un
imponente frigorifero pronto a ospitare i pezzi del cadavere e un tavolo a cui siedono ogni tanto Armin il cannibale
e Bergen il cannibalizzato, interpretati da Claudio Gaj (nella foto con Delia
Rimoldi) e Jacopo Veronese, naturalissimi e convincenti in due personaggi che
di reale hanno ben poco. Con loro l’autrice, che è anche regista, nel ruolo della
mamma possessiva e incombente di Armin, alle volte vera, alle volte nei ricordi
del figlio. Sta a lei inframezzare al racconto di sprazzi di vita vissuta la fiaba di Hansel e Gretel, con il devastato
quadretto familiare, da sempre ossessione del protagonista. Coerente la scelta
delle musiche, dai più romantici ballabili alle colonne sonore di horror, dalle
note di accompagnamento da documentario allo sketch televisivo, addirittura a
un piccolo balletto. Diversi gli oscuramenti totali di scena, non solo per dare
un ritmo , ma per allentare la tenzione come certe battute dalla comicità
surreale, mai eccessive e fuoriposto. Unico neo: solo due repliche.
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