Certo il pomodoro è un bel frutto. Proprio così, un frutto della pianta delle Solanacee, come si dice anche nel romanzo di Fannie Flagg Pomodori verdi fritti al Caffè di Whistle Stop da cui è stato tratto il quasi omonimo film di Jon Avnet. Però che un poeta come Pablo Neruda gli abbia dedicato addirittura un’ode sembra un po’ eccessivo. E invece si cambia idea vedendo le installazioni realizzate appunto con i pomodori in mostra nell’intrigante spazio di Marinella Rossi a Milano. Eccoli, in un enorme stanzone con scaffalature in legno alle pareti, sotto a grandi lampadari di rami intrecciati, distesi per terra in gruppi o isolati, in tutte le possibili sfumature di rosso a formare un arcimboldiano tappeto in 3d. O ancora sugli scaffali tra bulbi e candele. O in un cesto, in mezzo a una stanza con decine di sacchi per abito bianchi appesi, come fantasmi. O nascosti fra oggetti inconsueti. Come una vecchia macchina da scrivere con il dattiloscritto, non originale, dell’ode di Neruda. Proprio qui, su scrivanie in legno da ufficio anni Quaranta, i rossi frutti sparsi qua e là fanno da cornice ai gioielli di Lella Zambrini in pasta di resina: orecchini a forma di rosa con la stessa incredibile leggerezza del fiore, o collier con rose dai petali in colori spenti, barocchi e minimalisti nello stesso tempo. Accanto ai servizi usati da Marinella Rossi per i suoi raffinati e artistici catering, anche interessanti oggetti di design come i piatti e i vassoi in carta rossa di Raffaella Valsecchi.
giovedì 21 luglio 2016
ADORO IL POMODORO
Certo il pomodoro è un bel frutto. Proprio così, un frutto della pianta delle Solanacee, come si dice anche nel romanzo di Fannie Flagg Pomodori verdi fritti al Caffè di Whistle Stop da cui è stato tratto il quasi omonimo film di Jon Avnet. Però che un poeta come Pablo Neruda gli abbia dedicato addirittura un’ode sembra un po’ eccessivo. E invece si cambia idea vedendo le installazioni realizzate appunto con i pomodori in mostra nell’intrigante spazio di Marinella Rossi a Milano. Eccoli, in un enorme stanzone con scaffalature in legno alle pareti, sotto a grandi lampadari di rami intrecciati, distesi per terra in gruppi o isolati, in tutte le possibili sfumature di rosso a formare un arcimboldiano tappeto in 3d. O ancora sugli scaffali tra bulbi e candele. O in un cesto, in mezzo a una stanza con decine di sacchi per abito bianchi appesi, come fantasmi. O nascosti fra oggetti inconsueti. Come una vecchia macchina da scrivere con il dattiloscritto, non originale, dell’ode di Neruda. Proprio qui, su scrivanie in legno da ufficio anni Quaranta, i rossi frutti sparsi qua e là fanno da cornice ai gioielli di Lella Zambrini in pasta di resina: orecchini a forma di rosa con la stessa incredibile leggerezza del fiore, o collier con rose dai petali in colori spenti, barocchi e minimalisti nello stesso tempo. Accanto ai servizi usati da Marinella Rossi per i suoi raffinati e artistici catering, anche interessanti oggetti di design come i piatti e i vassoi in carta rossa di Raffaella Valsecchi.
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