Alarico Salaroli e Marco Balbi |
E invece bisognerebbe continuare a
parlare della guerra. E’ importante
coinvolgere sull’orrore, ma soprattutto su quella sua assurdità inutilmente
devastante. Con realismo e senza concessioni al patetico. Per questo è da vedere L’è el di di mort, alegher! Navigli e trincee, storie e canzoni della
Grande Guerra, fino al 31 gennaio al Teatro Verdi di Milano. Prodotto dal Teatro Menotti con la regia di
Emilio Russo, lo spettacolo porta in
scena testi di Emilio Lussu, Delio Tessa, Carlo Salsa, Enzo Jannacci, Boris
Vian, Corrado Alvaro e brani musicali, poco noti o famosi come lo struggente Oh Gorizia tu sei maledetta. A leggerli,
recitarli, cantarli, Marco Balbi spesso in milanese e con una chitarra, e
Alarico Salaroli, che alterna la voce all’armonica a bocca. Con i due attori,
sensibili e convincenti, Riccardo
Dell’Orfano alla fisarmonica. E così quella guerra, non voluta da nessuna
potenza, che ha sconvolto il mondo per tre anni, ritorna con le sue immagini e
le sue testimonianze. E’ un racconto fatto
di immediatezza, c’è il dramma, ma c’è anche la poesia, addirittura la
comicità. Si rivive la tragedia anche
attraverso l’ingenuità che fa sorridere. Come quella dell’amico Silvio, nel suo
goffo entusiasmo patriottico, primo a morire falciato da una raffica. C’è l’
umanità del disertore, che non vuole uccidere. E poi c’è la vita di trincea,
con la paura, il freddo, gli odori, le considerazioni sull’esistenza, la casa
lontana. Il pubblico è trascinato nei ricordi. Partecipa non solo cantando con
gli attori, ma è seduto con loro intorno a una grande tavolata sul palco ( I
posti sono solo 45). Su questa ci sono d
libri, bollettini, ritagli di giornali di allora, gavette, un elmetto, una borraccia. E alla
fine per tutti, c’è un bicchiere di vino
rosso e un piatto di minestrone. “Le uniche due cose buone della trincea” è il
commento di Salaroli, per invitare il pubblico a servirsi.
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