Sui classici a teatro ci sono due scuole di
pensiero. C’è chi vuole la rappresentazione fedele all’originale, rinnovando
regia, costumi, musiche e aggiungendo al massimo qualche interessante gioco di
luci. E c’è chi invece preferisce un’interpretazione aggiornata, magari in
abiti attuali e ambientazioni contemporanee,
anche con modifiche nel testo. L’Avaro di Lello Arena, con la regia di
Claudio Di Palma, ora al Teatro Menotti di Milano fino al 23 gennaio, è ancora
qualcosa di diverso. Il vero protagonista non è Arpagone, quanto l’avarizia, più
che un difetto una concezione mentale che prevarica non solo i sentimenti, le
abitudini, gli affetti, ma il senso dell’esistenza stesso. Che non è legata ai
tempi, ma li attraversa, da quelli di Molière ai nostri. E Le sedie, di stili diversi, appese alle pareti di una
stanza fatta di porte a vetro, come una collezione, ne sono un’espressione. Tanto che gli attori sulla
scena si siedono per terra, eccetto Arena-Arpagone che si fa portare su una
sedia a rotelle da ospedale. Anche gli abiti non hanno epoca o piuttosto hanno
dettagli di tutte le epoche. Forte è la contrapposizione dei costumi eleganti,
in certi casi scintillanti e luminosi e
con dettagli preziosi, dei vari personaggi e l’informe cappotto
di pelle nera dell’avaro.
Anche nel testo sono state molto liberamente sostituite
frasi di un umorismo di quel periodo storico con espressioni più dei nostri giorni, spesso legate alla comicità
napoletana. E sono stati aggiunti addirittura effetti speciali alla Rocky
Horror Show. Bravissimi gli attori. Si
ride, ma appaga anche la vista e stimola la mente. Dopo Milano L’Avaro sarà in tournée a Broni,
Riva Del Garda, Cesenatico, Mola di Bari, Altamura, Pussi (Ra), dove termina il
2 febbraio.
Nessun commento:
Posta un commento