Enrico Baj "I funerali dell'anarchico Pinelli" |
E’ stato presentato ieri nella
Sala del Grechetto di Palazzo Sormani a Milano. Realizzato dal
fotografo-giornalista Alberto Roveri il video-documento “Pino Pinelli” è uno
degli eventi, sempre troppo pochi, per ricordare la morte “non accidentale”
dell’anarchico, dopo 44 anni. In parte è in forma di intervista alla moglie
Licia e alle figlie Silvia e Claudia, quest’ultima presente ieri. In parte è un
susseguirsi di flash che raccontano le manifestazioni e i cortei di quegli
anni, i visi e gli scritti di chi c’era, la disgustosa conferenza stampa del
questore Guida con l’orribile menzogna del suicidio. C’è la scena ricostruita
dello scoppio della bomba di Piazza Fontana dal film “Romanzo di una strage”,
concessa dal regista Marco Tullio Giordana
e le riprese, tratte dai telegiornali, del
funerale delle vittime della strage della banca e di quello di Pinelli 18esima vittima. Ci sono le foto dell’anarchico-ferroviere con la moglie al matrimonio,
nella vita normale , con le bambine. Ma
niente è concesso alla retorica. Niente sbavature o quadretti famigliari alla
Mulino Bianco. Solo immagini strumentali per inquadrare il personaggio, non
per conquistare la lacrima del pubblico.
Come ha detto Piero Scaramucci, il primo ad avere intervistato la vedova
Pinelli, il video superando quella tendenza diffusa di “costruire icone e
santini”, presenta Pinelli “non come un emblema ma come una persona”. Licia, Silvia e Claudia parlano sempre una per volta, riportano testimonianze, ricordano,
esprimono pareri in modo pacato, con la fermezza e il rigore di chi vuole
informare, far sapere, non portare alla
commozione fine a se stessa. Ma non è
una narrazione distaccata che potrebbe essere determinata dai molti anni
trascorsi, per le figlie quasi una vita intera. No,nel racconto quei momenti rivivono in tutta l’intensità. Le bugie pubbliche, le insinuazioni del potere provocano
stupore, indignazione, sconvolgono come
fossero appena state dette. Il racconto invece del calore degli amici rende
partecipi. Quando la narrazione sembra
diventare più intensa, si interrompe, per evitare l’effetto facile della drammaticità. E poi riprende. E lo stacco aiuta a mettere a fuoco meglio quanto si dice, a
fissarlo nella mente, a collocarlo come un altro tassello. Per inquadrare in
modo sempre più chiaro la terribile ingiustizia che non si può e non si deve dimenticare. E’ sperabile che questo video-documento non si fermi a Milano e alle
commemorazioni di Piazza Fontana, ma vada in giro e sia visto da più
gente possibile.
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