Cesare Zavattini e la sua collezione |
Autoritratto di Depero |
Ha chiesto l’autoritratto a tutti,
meno che a Picasso, perché si vergognava. Nel 1941 Cesare Zavattini scopre la
pittura. Non solo si mette a dipingere, ma decide di crearsi una
collezione. E a tutti gli artisti
commissiona un autoritratto 8x10 e un’ altra opera, sempre di quelle
dimensioni, ma insiste soprattutto per l’autoritratto. Nel 1959 il suo “collezionismo casalingo”, come lo definisce, conta 1200 pezzi, che arriveranno a quasi
1500. Tutti con identiche cornici dorate rivestono completamente le
pareti della sua casa romana di via Sant’Angela Merici. Nel 1979, per ragioni economiche, Zavattini è costretto, non solo a
interrompere questa “enciclopedia del Novecento”, ma a
venderla. La collezione si smembra, molte opere si perdono, ma nel 2008
un consistente nucleo di ben 152 dipinti, tutti autoritratti, viene messo
all’asta e la Pinacoteca di Brera a
Milano li acquista. Ora, dopo quattro anni di restauri, si
possono vedere, da ieri fino all’8 settembre, nella sala XV della Pinacoteca di
Brera, in una mostra intitolata “A tutti i pittori ho chiesto l’autoritratto”
. Tutti ripristinati con le cornici d’oro, uguali alle originali, che erano
state eliminate in uno dei passaggi di
proprietà. Svariati, ovviamente i modi di interpretare l’autoritratto.
Da Aligi Sassu in veste di vescovo a Fabrizio Plessi con il naso a rubinetto e
la scritta “Scherzo per un poeta” su un lato. Dal patchwork di perspex, firmato
Mario Schifano, alla fotografia di Michelangelo Pistoletto. Dal ritratto di
Pericoli, che si era proposto allora giovane disegnatore, al profilo in un unico tratto di Claudio
Parmiggiani. E poi Depero in chiave futurista, Dino Buzzati con il cappello, Alberto
Magnelli con le geometrie nel suo stile. Molto interessante anche il carteggio e la corrispondenza fra
lo scrittore e gli artisti. Dalle più o meno formali richieste alle scuse per il ritardo di consegna da parte di
alcuni, dai solleciti ai racconti delle
sofferenze creative di altri. Fino ai testi di accompagnamento più
ironici, come quello di Gillo Dorfles che
commenta l’astrattismo più assoluto con
“Forse non sono troppo somigliante”.
In concomitanza con la
mostra, dal 29 maggio e per tutto giugno, si svolge, allo spazio Oberdan e alla
Cineteca, una rassegna dei più importanti lavori per il cinema di Zavattini. Last but not least tre settimane di campus
estivi per bambini ispirati a “Miracolo a Milano”, con percorsi nella città
vista dal grande sceneggiatore. Esauriente il catalogo di Skira con appendice
documentaria di Marina Gargiulo, curatrice della mostra.
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