Non si capisce se Giorgio Armani
sia stato così assolutamente innovativo un tempo da essere attuale ora. O se i
suoi capi siano evergreen che non
possono invecchiare. C’era da chiederselo vedendo in passerella la sua collezione
Garçonne: una donna elegante, soprattutto vera e contemporanea, che poteva essere quella di trent’anni fa. Lo
stesso modo di interpretare la femminilità con pantaloni in pole position e
solo qualche gonne-bermuda in
alternativa. Mises inspiegabilmente sexy con
specie di salopette in velluto nero, giacchine di vario tipo. E poi la sera fatta di abiti e completi sufficientemente
sontuosi per prima della Scala o
tappeto rosso, ma con cui non sentirsi overdressed e a disagio, nemmeno in
mezzo a jeans e pullover.
Giorgio Armani |
Un nuovo punk da John Richmond.
Grigio che si affianca al nero, giochi di inserti in pelle e perspex, uso
abbondante di asimmetrie. Neoprene accostato alla seta. Per la sera tubini in pelle ricamata e lunghi dagli spacchi
provocanti.
Da Gianfranco Ferré gli stilisti Federico Piaggi e Stefano Citron
continuano il discorso dell’architetto scomparso. Con rispetto, ma senza essere
pedissequamente ripetitivi. Ecco i pannelli, i colli importanti , perfino le
cinture annodate in un certo modo, ma tutto fresco e per niente datato.
Un vago sapore british nella
collezione di Massimo Rebecchi. Maglie chiné, tweed, finestrati, tartan ma con interventi spiazzanti. Come i giochi di patchwork, le zip impreviste, il camouflage. Perfino sul cappotto di
visone.
Marani.G |
Alta sartorialità da Lorenzo Riva,
che utilizza tagli alla Fontana, pieghettature
effetto ventaglio, ruches, plissé soleil per abiti corti e lunghi. Molti i
temi, forse troppi, si fondono nella
tecno-couture di Cristiano Burani. Pochi
invece i colori, nero assoluto, bianco e uno scomparso e recuperato ottanio.
Sempre più pensata, ma non
inutilmente intellettuale, la collezione di Marani.G. La giovane
stilista, guarda alla projection art, che
usa la video proiezione come mezzo di espressione, e propone su mohair o lana merino stampe che
sembrano proiettate su geometrie preesistenti. Per l’abito o il twin set da
portare con gonne di neoprene. Paillettes illuminano le bande geometriche su top e
tubini.
Hanno chiuso oggi Super e White. Il primo, organizzato da Pitti
Immagine nell’unico padiglione rimasto della ex fiera di Milano, con l’intervento
scenografico degli architetti Bottazzi e Bonapace, appariva come il mercato di una città futura alla
Bladerunner. Molti gli accessori, gioielli soprattutto, e marchi di abbigliamento come Lardini e Allegri. Sempre più esteso White,
in Via Tortona, con nomi interessanti e di ricerca come il giapponese Zucca. E curiosità come l’abito
di Lemuria di 150 grammi che diventa tuta, gonna e maglia. O la borsa di L’ed
Emotion Design con led per illuminare l’interno. D’effetto la mostra Be Blue Be
Balestra in collaborazione con AltaRoma
con le creazioni di vari stilisti, compresa la figlia della figlia di
Renato Balestra, in quel tono di blu, preferito dal couturier triestino.
Finisce oggi anche la mostra “Thayaht.
Between art and fashion”, che racconta in sessantun disegni, straordinari e mai
esposti prima, la collaborazione tra l’artista futurista, inventore della tuta, al secolo Ernesto
Michahelles e Madeleine Vionnet.
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