venerdì 25 gennaio 2013

CARPET DIO

 Magical Carpet Tour, in primo piano il tappeto-puzzle

L’atteggiamento nei confronti dei tappeti è estremo, non conosce mezzi termini. C’è chi li ama follemente e adora riempirsene la casa,  e chi li detesta e non li vuole proprio. E della  seconda categoria fanno parte molti architetti. Certo il tappeto è un oggetto particolare. Nato per essere funzionale ha perso questa finalità. E’ diventato un elemento quasi esclusivamente decorativo e forse per questo non  è considerato tra gli architetti, inguaribili integralisti.  E’ anche vero  che non c’è ricerca e creatività nel settore, a differenza che per altri pezzi di arredo. Perfino nelle case più contemporanee il tappeto  è raramente un oggetto di design.  Quasi sempre  è etnico,  e molto  spesso antico.
Quindi quando si viene a sapere di una collezione di tappeti nuovi, si è stupiti, ovviamente incuriositi. E anche un filo prevenuti. Così è stato per quelli del Magical Carpet Tour presentati nello spazio Cohen Sedgh a Milano, da ieri fino al 2 febbraio (www.tappeticohendedgh.com). Disegnati da un architetto, Luca Scacchetti, sono fatti realizzare in  Asia, e quindi con le migliori tecniche, da Cohen Sedgh che ne è anche il distributore.  L’impatto è notevole. Sicuramente il colore ha una valenza, ma è secondaria rispetto ai disegni che richiamano quelli classici (preghiere ecc.),  rivisti in chiave architettonica e quasi tridimensionale. Certo la loro collocazione non è facile, ma anche questo li rende stimolanti  . Interessante il tappeto puzzle steso  sul pavimento nel mezzo della sala, a differenza degli altri dodici appesi alle pareti. E’ costituito da nove pezzi quadrati, di un metro e 50 di lato, con il disegno di un paese visto dall’alto, in nove diversi modi. I quadrati possono essere re-assemblati e ricomposti a volontà, affiancati, messi per il lungo o addirittura isolati e in ambienti diversi. E questo tappeto-puzzle, più degli altri, “smaschera” l’architetto.

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