Può sembrare una banalità stupirsi che una tragedia scritta venticinque secoli fa affronti indirettamente un tema di attualità come quello della posizione della donna, della sua sopraffazione. Che aumenta in tempi di guerra. E invece è qualcosa di cui bisogna prendere atto, con una profonda, illimitata ammirazione per l’autore e un certo sconforto perché realtà che sembravano "pleistoceniche" si possano invece ripetere, anche se con differenti svolgimenti. La tragedia in questione è Le Troiane di Euripide andata in scena a Milano nei giorni scorsi a Progetti per il teatro, il teatro laboratorio di Roberto Cajafa. Con la regia e l’adattamento di Cajafa, che non ha tolto niente all’enfasi della tragedia greca, ma ne ha saputo mettere in risalto la potenza del pensiero e le considerazioni sulla donna, senza mai cadere nella retorica.
E questo si è notato subito, anche dalla scenografia con elementi in legno, spoglia e minimale, ma capace di rendere la desolazione, l’impossibilità a esprimersi, la dignità calpestata. Dopo un dialogo tra Poseidone e Atena, in pratica l’antefatto di quella guerra sanguinosa, appaiono le varie figure. Emergono quelle femminili, gli uomini sono di supporto. Oltre alle parole di Euripide c’è in queste donne una gestualità e degli sguardi che mettono subito in evidenza qualcosa che va al di là del dolore di essere prigioniere e aver perso figli, mariti, affetti. Certo gli uomini nella guerra di Troia hanno combattuto, sono morti, sono stati fatti prigionieri, ma chi pagherà di tutto questo sono le donne. Andromaca, che vedrà morti il marito Ettore e il figlio Astianatte, interpretata da Cristina Vacchini, Ecuba la madre di Ettore (Cinzia Damassa) che ha visto tutto il suo mondo e i suoi affetti cadere a pezzi, ma continua a lottare per la dignità. E poi c’è Elena (Francesca Mazzoni, nella foto con Cinzia Damassa-Ecuba) "la donna più bella del mondo", considerata il capro espiatorio, responsabile di aver scatenato la guerra, perché rapita da Paride quando era moglie dello spartano Menelao. Una donna che da oggetto di bramosie è diventata motivo di contesa e quindi ancora più disprezzata. Ora queste donne sulle rive dello Scamandro, prigioniere, sono "in attesa di essere scelte a sorte per i principi achei" . Oltre la regia ottima, bravissimi gli attori. D’altra parte, senza interpreti di livello e convincenti, la caduta nella farsa sarebbe facile.
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