Dire che le proposte emerse in questa Fashion Week milanese, conclusasi ieri, siano state molto varie è una considerazione ridicola. Come si può parlare di varietà, quando l’avatar e il metaverso sono uno degli spunti e delle ispirazioni più utilizzate. Quando un gelato diventa un simbolo, un’icona della moda. Quando sono sempre più diffuse le sfilate e le presentazioni dove il prodotto, leggi abito, scarpa, cappello, è sempre meno visibile e comunque non è il centro dell’attenzione. Eppure dietro questa moda-spettacolo non c’è solo la volontà un po’ pretenziosa di emozionare, c’è l’idea di spingerla fuori dalle pareti del negozio e farne qualcosa sempre più espressione di creatività. Non fine a se stessa ma con una funzionalità e alle volte una finalità che va al di là del vestire. L’obiettivo è entrare nel futuro preparati. Anche per questo è stato più che devastante l’attacco all’Ucraina. Ci ha trovati sgomenti e impreparati.
Il tema della sostenibilità ormai è acquisito, sentito, non è più solo la caratteristica di un marchio. La moda etica-sociale c’è e funziona. L’Hub di Camera della Moda le ha dedicato una stanza. Ci sono le sciarpe e i poncho di SEP in cashmere, ricamati artisticamente da 500 donne nel campo rifugiati di Jerash in Giordania. Sono oggetti belli ed eleganti e danno lavoro. C’è il nuovo brand Cartiera, perché nella Cartiera Rizzoli di Marzabotto rifugiati e richiedenti asilo, con gli scarti di pelle di grandi maison, confezionano borse. O ancora il ready-to-wear di Ara Lumière prodotto da donne vittime di attacchi con acido, i cui ricavi servono per le cure e il loro reintegro nella società. Due temi la sostenibilità e l’etica sociale che White ha fatto emergere e di cui si occupa da tempo, questa edizione non a caso si chiama Sign Of the Times. Ha avuto 18.850 visitatori e il 24% in più di buyer dell’edizione di settembre 2021. Qui la specializzazione è sempre in primo piano. Artigianato e prodotti di largo consumo o di nicchia, ma con caratteristiche di qualità ineccepibili. Molto seguiti i talks e gli workshop in programma. Nelle foto, dall'alto in basso. Il gioco tridimensionale per gli avatar della Skifidol Capsule di Giorgiandreazza. Gli stecchi Black&White di Pasticceria Gelato con gelato al pistacchio salato di Sicilia ricoperto di cioccolato bianco e fondente. L’abito della collezione Recercle nei colori della bandiera ucraina da Arabesque.
Il tema della sostenibilità ormai è acquisito, sentito, non è più solo la caratteristica di un marchio. La moda etica-sociale c’è e funziona. L’Hub di Camera della Moda le ha dedicato una stanza. Ci sono le sciarpe e i poncho di SEP in cashmere, ricamati artisticamente da 500 donne nel campo rifugiati di Jerash in Giordania. Sono oggetti belli ed eleganti e danno lavoro. C’è il nuovo brand Cartiera, perché nella Cartiera Rizzoli di Marzabotto rifugiati e richiedenti asilo, con gli scarti di pelle di grandi maison, confezionano borse. O ancora il ready-to-wear di Ara Lumière prodotto da donne vittime di attacchi con acido, i cui ricavi servono per le cure e il loro reintegro nella società. Due temi la sostenibilità e l’etica sociale che White ha fatto emergere e di cui si occupa da tempo, questa edizione non a caso si chiama Sign Of the Times. Ha avuto 18.850 visitatori e il 24% in più di buyer dell’edizione di settembre 2021. Qui la specializzazione è sempre in primo piano. Artigianato e prodotti di largo consumo o di nicchia, ma con caratteristiche di qualità ineccepibili. Molto seguiti i talks e gli workshop in programma. Nelle foto, dall'alto in basso. Il gioco tridimensionale per gli avatar della Skifidol Capsule di Giorgiandreazza. Gli stecchi Black&White di Pasticceria Gelato con gelato al pistacchio salato di Sicilia ricoperto di cioccolato bianco e fondente. L’abito della collezione Recercle nei colori della bandiera ucraina da Arabesque.
Nessun commento:
Posta un commento