Chissà se è positivo. Il film Diabolik dei Manetti Bros. è piaciuto a chi non è mai stato un lettore di fumetti o al massimo nella sua adolescenza da intellighenzia sessantottina ha letto Linus, Tintin e Asterix. Dato che non ci sono state particolari critiche da parte dei cultori di fumetti, si può affermare che il film è piaciuto perché è un buon film.
Certo, parte dal famoso fumetto creato dalle sorelle Giussani, con gli stessi personaggi principali, e avventure e ambientazione in linea. Ma con il plus di sfruttare in pieno la formula cinematografica, che significa un ottimo casting, dialoghi convincenti e una superlativa ricerca di location. Il tutto tenuto insieme dal filo dell’ironia e di uno spiccato senso dell’umorismo, capace di utilizzare le citazioni senza perdersi in uno snobismo fuori posto. Caricare di dettagli i personaggi senza mai sfiorare il grottesco o rovinarsi nella caricatura sterile. Proporre i colpi di scena più enfatizzati senza mai cadere nel ridicolo. E soprattutto aver reso plausibili l’immaginaria città di Clerville, una località di montagna inesistente o una sul mare, senza tempo, con un’impeccabile fotografia. Utilizzando strade e palazzi milanesi e bolognesi non così individuabili nell’immediato, chalet e vallate di Courmayeur con una luce speciale, lungomare e strade a picco sul mare di Trieste e dintorni. Perfetti i protagonisti. Da Luca Marinelli ideale con i suoi occhi azzurri un po’ spiritati per rendere lo sguardo diabolico di Diabolik, che esce dalla maschera. Azzeccata la Eva Kant di Miriam Leone, con la sua bellezza non convenzionale e il sorriso furbetto-seducente. Riuscitissimo il determinato e inflessibile Ispettore Ginko di Valerio Mastrandrea. Come del resto tutti i personaggi intorno e i dettagli. A cominciare dall’abbigliamento pieni anni Sessanta, per continuare con gli arredi di case e hotel e la scelta delle auto: dal mix di marchi per le utilitarie e le macchine della polizia alla Citroen DS di Ginko fino alla Jaguar E-type di Diabolik.
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