Qualcuno, pochi, usano la parola vestaglietta, che negli anni ‘50-‘60 indicava un abito per donna con bottoni, completamente apribile, da indossare in casa o sopra il costume da bagno. La parola vestaglia si sente ancora meno. Secondo il dizionario vestaglia è quell’indumento da mettere sopra il pigiama o la camicia da notte. Ormai in disuso, sostituito da accappatoi, golfoni, tute. Lo porta forse ancora qualche ricca signora che si attarda la mattina in casa, prima di vestirsi per una giornata di frivolezze, mentre dà ordini al personale. Oppure, quei pochi rarissimi nei corridoi di una clinica o di un ospedale, non certamente in tempi di Covid. Soprattutto per l’uomo l’immagine della vestaglia riporta a Proust (quelle di Fortuny sono citate in diverse pagine della Recherche) e a D’Annunzio (le sue sono esposte al Vittoriale, le disegnava lui stesso e le faceva indossare “alle badesse di passaggio” scrive Giordano Bruno Guerri). La vestaglia è legata a un modo di vivere d’altri tempi, un po’ decadente. Stupisce quindi sentire parlare di un brand che nel 2020 la ripropone. Si chiama Yindelo ed è stato fondato da Tomaso Incisa della Rocchetta, vissuto dieci anni in Cina. In collezione quattro modelli unisex, tutti fabbricati in Italia con sete di Como, ispirati ai qipao cinesi e ai kimono giapponesi. La forma è unica ma si distinguono per le combinazioni di colori prese dagli abiti tradizionali delle minoranze etniche cinesi e dai dettagli. Questi si rifanno a motivi grafici delle architetture e delle decorazioni Art Déco dei palazzi di Shanghai, dove il brand è stato concepito, ma anche dalle antiche uniformi militari europee. Con un mix quindi di Oriente e Occidente, come dice anche il logo con il dragone e l’aquila. Anche il nome Yindelo è la translitterazione fonetica in mandarino del cognome del fondatore. “Siamo al nostro meglio quando la nostra mente è libera di vagare senza limitazioni” dice Tommaso Incisa della Rocchetta, spiegando che i suoi capi puntano “a un’eleganza senza tempo e al confort” per un “momento di fuga dalla realtà”.
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