sabato 26 ottobre 2019

L'ARCHEOLOGO DEL FUTURO




E’ chiamato così Julian Charrière (classe 1987) che al MASIL, Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano, presenta l’installazione Towards no Earthly Pole. Proprio come un archeologo indaga e raccoglie tracce del passato, l’artista svizzero, che vive a Berlino, documenta le tracce che stiamo

lasciando per il futuro.  Un grande progetto iniziato nel 2017 in cui Charrière spazia fra arte, scienza e discipline diverse. Perché spesso “la specializzazione significa chiusura” spiega Francesca Benini, curatrice della mostra. E quindi il suo ruolo sfiora fisica, geologia, ma anche storia e letteratura. Non a caso il titolo è un verso che il poeta inglese Alfred Tennyson dedica all’esploratore John Franklin, morto durante una delle prime spedizioni polari di metà Ottocento. Quando i ghiacciai erano le “frontiere più ardue da conquistare” e più lontane dalla vita dell’umano, mentre oggi “sono fragili ecosistemi da proteggere”. Con la consulenza di ricercatori e  l’uso di droni ha filmato l’Antartide, i ghiacciai svizzeri dal Rodano all’Aletsch, dal Monte Bianco all’Islanda, alla Groenlandia. Il risultato è un video di un’ora e quaranta minuti, in cui appare una natura reale che con la postproduzione svela il punto di vista dell’artista.  I suoni che accompagnano il racconto sono registrati e quindi autentici, veri, ma elaborati con la collaborazione di un compositore.  La proiezione avviene in un enorme salone dove al buio  si cammina su ghiaia con odore di bitume,  tra grandi sassi che evocano i massi erratici spinti dai ghiacciai, però bucati a simulare l’erosione e appoggiati a elementi metallici, per rivelare l’intervento dell’uomo. Il pubblico sta in piedi o si sdraia su un grande materasso al centro. Sullo schermo semicircolare compaiono immagini di ghiacciai, montagne, rocce, grotte, laghi, crepacci. All’inizio c’è un approccio documentaristico, interessante ma non coinvolgente e poi, anche con la complicità della musica, si è trascinati. Quelli che sembravano paesaggi freddi diventano luoghi lunari e pieni di mistero. Le rocce grazie a giochi di chiaroscuri, simulano profili di giganti, i ghiacciai che si sciolgono hanno qualcosa di animalesco.  Ogni tanto si individua una figura umana lontana, spesso sono illusioni ottiche, ma qualche volta è uno dei ricercatori della troupe. Prima di entrare nel salone ci sono due opere dell’artista, il  Cannone con le sue pietre e la video installazione che riprende la fontana di Lugano incendiata per insistere sulla coesistenza dei due elementi opposti, l’acqua e il fuoco. La mostra, che apre domani, chiude il 15 marzo, per poi spostarsi, con i dovuti riadattamenti, sempre in Svizzera all’Aargauer Kunsthaus di Aarau e poi al Dallas Museum of Art.

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