Già in questi primi quattro giorni di Mostra riesce difficile trovare un tema d’attualità non trattato sugli schermi del Lido di Venezia. Direttamente o tra le righe. E considerando che c’è ancora una settimana di proiezioni, la cosa non è da poco. Altra caratteristica le performance di alcuni attori, a volte inaspettate. Come Scarlett Johansson in Marriage Story che compare con un’incerta capigliatura corta, senza trucco a coprire le prime rughe e in mises goffe. Ma il film commuove e incanta non solo per la sua capacità di rinunciare alla bellezza, per essere più nel ruolo, o per la recitazione convincente di Adam Driver, il marito, ottimo cantante, anche se forse non era il caso di fargli cantare interamente le canzoni. Con una trama minima riesce da situazioni quasi banali, a far emergere tematiche profonde, come l’inspiegabile fine di un vero amore. Sicuramente da Leone d’oro Joaquim Phoenix in Joker diretto da Todd Phillips. Un’ennesima versione del personaggio da fumetto, non in concorrenza con la Marvel, come ha detto il regista in conferenza stampa. Il ritratto di uno psicopatico che cambia ogni momento, passando da atteggiamenti di tenera dolcezza a crudele follia. Teatro-cinema, tendenza in ascesa, per Il sindaco del Rione Sanità, di Mario Martone tratto da una commedia di Eduardo de Filippo. Francesco di Leva è un fantastico Antonio Barracane, camorrista-eroe capace di affascinare. Circondato da un cast di tutto rispetto. Applauditissimo J’Accuse di Roman Polanski (foto in basso). Sul caso Dreyfus non un film storico, ma un thriller con i passaggi, le sorprese, la suspence. Si spera che nonostante le affermazioni integraliste della regista argentina in giuria, il regista riceva un premio se non diretto, almeno per il bravissimo Jean Dujardin, nella parte del colonnello Georges Picquart, che riesce a far emergere la verità. Quasi disperante, per la sua realistica storia di potere con documentazione ineccepibile, Adults in the room di Costa Gavras. Tratto dal libro omonimo di Yanis Varoufakis racconta gli incontri della delegazione greca con l’Eurogruppo. Tutto sfumato da un’ironia sottile, peraltro annunciata nel titolo e ripresa nel finale, forse un po’ lungo. Operina delicata anche se con un inizio lento Un monde plus grand di Fabienne Berthaud per le Giornate degli autori. Ispirato al romanzo di Corine Sombrum basato sulla sua coinvolgente esperienza sciamanica in Mongolia. Cecile de France è Corine. Deludente, perché inutilmente eccessivo Ema del cileno Pablo Larrain (I giorni dell’arcobaleno, Jackie).
sabato 31 agosto 2019
TUTTI I TEMI
Già in questi primi quattro giorni di Mostra riesce difficile trovare un tema d’attualità non trattato sugli schermi del Lido di Venezia. Direttamente o tra le righe. E considerando che c’è ancora una settimana di proiezioni, la cosa non è da poco. Altra caratteristica le performance di alcuni attori, a volte inaspettate. Come Scarlett Johansson in Marriage Story che compare con un’incerta capigliatura corta, senza trucco a coprire le prime rughe e in mises goffe. Ma il film commuove e incanta non solo per la sua capacità di rinunciare alla bellezza, per essere più nel ruolo, o per la recitazione convincente di Adam Driver, il marito, ottimo cantante, anche se forse non era il caso di fargli cantare interamente le canzoni. Con una trama minima riesce da situazioni quasi banali, a far emergere tematiche profonde, come l’inspiegabile fine di un vero amore. Sicuramente da Leone d’oro Joaquim Phoenix in Joker diretto da Todd Phillips. Un’ennesima versione del personaggio da fumetto, non in concorrenza con la Marvel, come ha detto il regista in conferenza stampa. Il ritratto di uno psicopatico che cambia ogni momento, passando da atteggiamenti di tenera dolcezza a crudele follia. Teatro-cinema, tendenza in ascesa, per Il sindaco del Rione Sanità, di Mario Martone tratto da una commedia di Eduardo de Filippo. Francesco di Leva è un fantastico Antonio Barracane, camorrista-eroe capace di affascinare. Circondato da un cast di tutto rispetto. Applauditissimo J’Accuse di Roman Polanski (foto in basso). Sul caso Dreyfus non un film storico, ma un thriller con i passaggi, le sorprese, la suspence. Si spera che nonostante le affermazioni integraliste della regista argentina in giuria, il regista riceva un premio se non diretto, almeno per il bravissimo Jean Dujardin, nella parte del colonnello Georges Picquart, che riesce a far emergere la verità. Quasi disperante, per la sua realistica storia di potere con documentazione ineccepibile, Adults in the room di Costa Gavras. Tratto dal libro omonimo di Yanis Varoufakis racconta gli incontri della delegazione greca con l’Eurogruppo. Tutto sfumato da un’ironia sottile, peraltro annunciata nel titolo e ripresa nel finale, forse un po’ lungo. Operina delicata anche se con un inizio lento Un monde plus grand di Fabienne Berthaud per le Giornate degli autori. Ispirato al romanzo di Corine Sombrum basato sulla sua coinvolgente esperienza sciamanica in Mongolia. Cecile de France è Corine. Deludente, perché inutilmente eccessivo Ema del cileno Pablo Larrain (I giorni dell’arcobaleno, Jackie).
giovedì 29 agosto 2019
HOT RED CARPET
Sempre più difficile la vita dei cinefili. Ma anche
di soddisfazione. Il riferimento è la 76° Mostra del Cinema di Venezia, dove il
caldo non perdona e l’accessibilità a proiezioni, conferenze stampa,
presentazioni, è continuamente minacciata da code inesauribili, sovrapposizioni
di eventi, orari stringati. Ma già dal primo giorno l’atmosfera è coinvolgente, sia come qualità dei film, sia come cornice. Solito red carpet preso d’assalto con fans sempre più fanatici
e star sempre più generose a rilasciare autografi e concedere selfie. Temperature elevate fino a tarda
ora, che vedono nella mitica
strada tra l’Excelsior e il Palazzo del cinema affiancarsi, nella stessa folla, ragazze in mutande e top, uomini in canotta e
bermuda e signori in smoking, i più audaci
con giacca in mano, e signore sempre più affaticate su tacchi 12 nascosti
sotto gli scollatissimi(meno male) lunghi da gran sera. Film d’apertura in
odore di Leone La Verité del giapponese Koreda Hirozaku.
Protagoniste Catherine Deneuve nella parte di un’attrice famosa, in una delle
sue migliori interpretazioni, affiancata da Juliette Binoche, figlia trascurata
che arriva a Parigi da New York, dove abita, con un bravissimo Ethan Hawke, nel
ruolo del marito alcolizzato e mediocre attore e la loro deliziosa bambina.
Dialogo sostenuto, film nel film, perché l’attrice recita, battute da commedia, in un contesto che sfiora la tragedia. Dove convivono, odio represso, ambizioni
sfrenate, egoismi, rancori, segreti, verità mai svelate con flash
di sottile ironia, che obbligano a pensare. Ottimo, e non solo per il
forte messaggio, The perfect candidate,
di Haifaa Al Mansour, prima regista donna dell’Arabia Saudita, e uno dei due
registi al femminile sui ventuno della Mostra. Mentre si parla di donne
condannate perché guidano di l’automobile, la storia di una giovane medico che
si candida alle elezioni del consiglio comunale, sfidando tutte le convenzioni.
Tifo e acclamazioni da stadio per Brad Pitt, uno dei primi ad arrivare al
solito imbarcadero dell’Hotel Excelsior. In un incomprensibile cappello con
visiera alla conferenza stampa del film Ad
Astra, di James Gray in cui è un astronauta che va nello spazio a ricercare
il padre, anche lui astronauta (Tommy Lee Jones). Già un primo premio, Leone
d’oro alla carriera, assegnato oggi, secondo giorno, a Pedro Almodovar con
proiezione a seguire di Donne sull’orlo
di una crisi di nervi, il capolavoro che l’ha rivelato.
martedì 20 agosto 2019
OLTRE IL TITOLO
In periodi come questi con comizi di vicepremier in
spiaggia, fra cubiste e moto d’acqua, un titolo come Abbronzati a sinistra,
potrebbe sembrare quello dell’ennesimo libro di satira politica. E
invece no, tratta del Cammino di Santiago, la cui direzione porta a prendere il
sole, appunto, da sinistra. Anche questo certo non è un argomento inedito. In
forma di manuale, di guida, di racconto autobiografico ne sono stati scritti
svariati, più o meno godibili, interessanti, di servizio e non. Abbronzati
a sinistra di Elio Paoloni, pubblicato da Melville, non si distingue solo per
titolo e sottotitolo (A Santiago con riserva)divertenti e
concreti. In realtà raccoglie una serie di considerazioni, su persone, contatti,
ricordi, incontri, apparentemente semplici ma che spingono a ragionarci sopra, a
trovare analogie, riferimenti, eccetera. Il tutto raccontando se non minuto per
minuto, giorno per giorno il cammino, come una guida. Ci sono annotazioni profonde e considerazioni
banali, filosofeggiare e chiacchiere salottiere. Anche se ogni capitolo è
dedicato a una tappa e quindi a un luogo, le descrizioni dei posti non sono
dettagliate, eppure a poco poco si riesce a immaginarli, a vederli. Sembra di
camminarci in mezzo. Di partecipare alle discussioni con la moglie Vera e gli
amici Marco e Marta. Ci si arrabbia per l’atteggiamento insolente del gestore
di un hostal (albergo), ci si
rallegra per la gentilezza di un turista incontrato all’albergue (ostello). Ci si incuriosisce per l’anziana signora
solitaria camminatrice, ci si intenerisce per il giovane bergamasco che ha approfittato del licenziamento per intraprendere il viaggio, ma deve stare
attentissimo a non spendere. Molte sono le considerazioni sulla spiritualità
del Cammino. Sarà giusto pretendere una sistemazione più comoda o farsi portare
il bagaglio alla prossima tappa ? L’arrivo non è trionfale, ma con quel filo di
ironia che serpeggia per tutta la narrazione. E non si sa come il senso
dell’avventura continua a prevalere in una misura tale da invogliare a mettersi
in cammino gli scettici, e forse a far abbandonare l’idea ai viaggiatori
onnivori che l’avevano messa in programma.
domenica 18 agosto 2019
LIVERPOOL-CAMOGLI NO STOP
I figuranti con la conduttrice Laura Sciutto di Radio Aldebaran |
Può sembrare strano l’abbinamento, ma vedendo un
palco installato sulla piazzetta del porto con batteria, tastiere e microfoni
si può già cominciare a fare qualche
collegamento. Se poi si vede il manifesto con un grosso tricheco rosa e la
scritta I am the walrus, i dubbi
scompaiono. Soprattutto per chi era un ventenne negli anni 70. Siamo alla nona
edizione del Beatlesday di Camogli, giornata di celebrazione dei Fab Four
voluta da un tenace gruppo di volontari, diversamente
giovani off course, determinati a tener viva la memoria del gruppo musicale forse più amato della
storia. I festeggiamenti iniziano con una parata per le vie di Camogli condotta
da quattro figuranti con le stesse colorate uniformi dei Beatles nella
memorabile cover di Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band, dal tricheco rosa e dalla Pepperlandia Marching
Band. Quindi, nel pomeriggio, Non solo
Beatles, concerto di gruppi vari nella piazzetta del porto e, sempre nella
piazzetta, serata finale. Ad aprire, la
premiazione di Note Raccontate, concorso alla quinta edizione per
scegliere i tre migliori racconti, inviati da tutta Italia. Nessun soggetto o
genere richiesto, ma solo la presenza di un elemento del logo del nono
Beatlesday. E cioè walrus, il famoso tricheco del Magical Mistery Tour
del 1967. In linea, tra l’altro, con lo spirito marinaro di Camogli. Primo
premio a un intrigante e surreale giallo tra
spie e colpi di scena, molto british. E quindi applauditissimo il
concerto dei simil Beatles, Repeatles. Quattro giovanissimi, ma con già vent’
anni di tournée in Italia e all’estero, di Merano. Parlano rigorosamente in
inglese e si presentano con completo e cravatta, parrucche con frangia come i
primi Beatles di Twist and Shout e Please please, per poi
riapparire con i capelli lunghi, gilet, vagamente figli dei fiori per le
canzoni del dopo India. Repertorio vastissimo, grande capacità di interagire
con il pubblico, coinvolto nel cantare, ballare, applaudire. Con addirittura momenti di ola da
cellulare per i pezzi più trascinanti come Hey Jude. Sullo schermo, alle
loro spalle, sfilano le cover dei brani cantati,
dalle meno note alle icone come le zebre di Abbey Road, con anche
qualche piccolo filmato. Generoso e di grande soddisfazione il bis.
lunedì 12 agosto 2019
LA LUNA SENZA I FALO'
Prendete una sera d’agosto, anzi il 10 d’agosto,
calda ma con una brezza rinfrescante, in una terrazza sul mare tra gli scogli.
Vi si accede da una creusa, per dire
che siamo in Liguria, in un fitto boschetto che fiancheggia un castello dei primi del 900(nella foto in basso a sinistra). Le stelle non sono molte e
tanto meno quelle cadenti, nonostante la data. La luna non è piena ma le manca
giusto quel quarto per renderla meno da cartolina. Il rumore del mare non si
sente, ma se ne percepisce la presenza. C’è un grande schermo e luci che
illuminano un palchetto. Qualcuno parla alle persone sedute e in piedi.
Potrebbe sembrare facile essere
ascoltato in una situazione del genere, specie se l’argomento dibattuto è la
luna. Ma riuscire a interessare la platea per quasi due ore non è, invece, da
tutti. Soprattutto se il tema è affrontato in termini scientifico-storici.
Quella di Piergiorgio Odifreddi allo Scalo Torre a Pieve Ligure può
considerarsi davvero una performance unica. Terzo spettacolo del Festival degli
scali di Pieve Ligure, è organizzato dal Teatro Ligure con l’ottima regia di
Sergio Maifredi, ovviamente in collaborazione con il comune. Un viaggio
avvincente che ha toccato storia, filosofia, astronomia, fisica, con un ritmo e
un linguaggio lontano mille chilometri da quello di un’aula accademica.
Odifreddi ha chiarito cose che si sapevano, ne ha spiegate altre inedite, ha
proposto interessanti parallelismi, corredati da precise documentazioni. Ha
approfondito notizie su cui non si era mai posta sufficiente attenzione. Ha
stupito parlando di una pluralità di lune. Non a caso il titolo dello
spettacolo è: Dalla terra alle lune.
Ha rilevato incredibili coincidenze. Chi aveva notato che Jules Verne in Dalla terra alla luna scrive di una base di lancio in una località
che poteva essere Cape Canaveral e di un luogo dove tutto veniva studiato che
poteva corrispondere a Houston (Texas)? Odifreddi ha portato alla luce figure a
cui non si era dato grande peso come
Giovanni Cassini o Christian Huygens, due astronomi del 1600, italiano il
primo, olandese il secondo, ispiratori di una missione robotica interplanetaria
del 1997, per studiare il sistema di Saturno con i suoi anelli e le sue lune .
Ha raccontato di quella straordinaria missione dell’Apollo 8, passata
assolutamente in seconda linea e offuscata dall’Apollo 11, in cui gli
astronauti sono riusciti a fotografare la terra dalla luna. Il tutto con proiezioni di foto straordinarie e piccoli incisi ironici, solo apparentemente sfumati, su personaggi e attualità
negativi. Condivisibili all’unanimità, come hanno confermato gli applausi a
scena aperta. Eccetto forse per qualcuno l’attacco alla fantascienza troppo poetica dello Spielberg di
ET.