Una mostra sulle
discoteche? Che senso ha? Night fever
è al Vitra
Museum di Basilea dal 17 marzo al 9 settembre. Ma allora le disco in
qualche modo sono legate all'architettura e al design? Si, perché negli
anni 60, 70, 80, fino ai 90 non sono
state solo un luogo dove si ballava, avulso dalla vita normale. Ma anche uno spazio di aggregazione, dove si andava a
ballare e ad ascoltare musica certo, ma soprattutto si sperimentavano modi di
vita, ci si emozionava , si entrava in contatto fisico con gli
altri. Si parla delle discoteche tipo lo Studio 54 di New
York, nata nel 1977, o dell’Area aperta
nel 1982, sempre a Manhattan ma nel nascente quartiere di Tribeca. Lì si
incontravano personaggi come Andy Warhol, ma anche artisti,
musicisti,
scrittori. Che diventavano un motivo di attrazione, ma nello stesso tempo le
discoteche per loro erano fonte di ispirazione. Arhitetti e designer famosi ci hanno lavorato, per loro è stata una
strada per provare nuovi materiali, nuove soluzioni, sempre più
azzardate, sofisticate, evocative, che volevano e
dovevano fare notizia. Quasi
sempre i progettisti avevano carta bianca, cosa impossibile da ottenere da
qualsiasi altro committente. C'era una continua voglia di rinnovarsi, di trovare
l'effetto sorpresa. Le discoteche hanno raccontato l’evoluzione del costume e
degli stili di vita, i cambiamenti, le
rivoluzioni. Sono state la rappresentazione di un momento storico. Il percorso
della mostra si sviluppa su quattro sale, precedute all'ingresso da un esempio
di discoteca mobile (foto in alto). Da una Smart,la cui azienda produttrice è sponsor
dell'esposizione come Hugo Boss, esce
una specie di gru che termina con una piattaforma su cui una deejay
lavora alla consolle. Ogni tanto l'auto
sprigiona nuvole di fumo in pieno stile disco. All'interno immagini di
discoteche con i loro simboli, le foto dei personaggi che ne raccontano
la storia, quelle di feste pazze, di sfilate(foto al centro). Così
il Palladium di Manhattan progettato da Arata Isozaki (foto in basso), la discoteca Flash Back
di Borgo San Dalmazzo, vicino a Firenze, ispirata a Paolina Borghese. La
famosa Tresor di Berlino, nel palazzone neoclassico, è invece ricordata
con una maquette. Di Cerebrum di Manhattan, nata nel 1968 e durata un anno, ci
sono le foto della gente in accappatoio, perché così si stava, spogliati dei
propri abiti in una specie di Nirvana, genere new age. Sempre in quella sala in un video si
agita John Travolta, dio del sabato sera, per definizione. Su manichini tre
abiti da disco e in una vetrinetta una giacca in denim interamente ricoperta
di chiodi d'oro, considerata ideale per il deejay e progettata da un pool di
stilisti tra cui Givenchy e Jean Paul Gaultier. O ancora una serie di riviste
patinate sull’argomento. A differenza di
quanto ci si potrebbe aspettare non c’è nessun pezzo d’arredamento, eccetto
quattro sedute tra cui la poltroncina rosa e kitsch di Gufram, design Gianni Arnaudo per il Flash
Back. Di grande effetto infine l'installazione interattiva dell'artista
Konstantin Grcic e del light designer Matthias Singer, che ricrea l’effetto discoteca con giochi di luce e cuffie dalle svariate compilation, che
pendono dal soffitto a disposizione dei visitatori.
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