Ogni tanto capita di vedere film o spettacoli
teatrali che avresti voluto durassero di più. Perché creano un’atmosfera,
una situazione che ti appassiona e in cui ti senti bene. La
Rosetta di Piazza Vetra, in scena allo Spazio Teatrale Dilà a Milano, è uno
di questi. Scritto da Delia Rimoldi, che è anche la regista oltre che una
tenera ed esuberante Rosetta, s’ispira alla storia vera di Elvira Andrezzi,
prostituta e cantante con il nome d’arte di Rosetta de Woltery, uccisa
giovanissima (non aveva ancora 18 anni) in circostanze misteriose. Sulla sua
vicenda sono state fatte e scritte dai giornali, e anche da Leonardo Sciascia, varie ipotesi, mentre resta una famosa canzone popolare, in diverse versioni,
tra cui una di Nanni Svampa e i Gufi e una di Milly, che racconta appunto il
funerale. Sul palcoscenico, a fianco di Rosetta spontanea fino ad apparire
goffa, dolce ma risoluta, golosa di liquirizia e pronta ad aiutare tutti, Claudio
Gaj nei panni dell’amico pianista con forte accento torinese, che vuole
guadagnare per pagarsi strane iniezioni per guarire dalla sua omosessualità e
farsi una famiglia. E ancora Davide Benecchi alla chitarra che parla in milanese stretto e Francesco
Tornar, un convincente Guido, negoziante padre di famiglia, innamorato da
sempre di Rosetta. L’ambiente è quello dell’osteria milanese, frequentato dalla
ligera, la malavita dal cuore d’oro,
ben tratteggiato oltre che dai dialoghi, dalle canzoni tipiche di quel mondo.
Che piacciono non solo a chi, nato alla metà del secolo scorso, le ha ascoltate
al Derby. Emerge una milanesità ignara del politically correct, che non ha
niente a vedere, però, con l’odierna leghista, becera e razzista. C’è l’amore e
la fierezza del proprio stato, senza pretesa di messaggi o retorica del
buonismo, che fa sorridere e commuove. A
ingrandire la scena, in un angolo, Simone Galimberti schizza i personaggi che vengono
proiettati sul grande schermo del fondale. Da vedere ancora stasera e domani. ( Nella foto Delia Rimoldi e Francesco Tornar).
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