Potrebbe sembrare irriverente il
titolo di una canzone di Dario Fo, portata al successo da Enzo Jannacci, per una mostra (da oggi al 23 ottobre). Tanto più
che si tiene in quello che viene definito l’Appartamento del Principe di
Palazzo Reale a Milano. E invece è perfetto per esprimere lo spirito
dell’esposizione. “Per ironizzare sull’arroganza del potere e aprire
all’immaginazione” spiegano i curatori Davide Quadrio e Massimo
Torrigiani. Da vedere i grandi saloni
interpretati da nove artisti e da Alcantara che in questo modo vuole comunicare
l’alta artigianalità dell’azienda. Il famoso materiale diventa lo strumento attraverso il quale esprimono la loro creatività stilisti, designer, musicisti, fotografi, che hanno accettato la sfida di giocare. Perché l’impressione che si ha nel percorso espositivo
è quello di entrare in un patchwork di fiabe, che si intrecciano tra loro, rimandano ad altre favole e storie surreali. Ci sono gli enormi scacchi e il laghetto con simbolico ranocchio di
Arthur Arbesser, l’invasione di frange di Gentucca Bini, che ricopre l’intera
sala e anche una ragazza danzante. C’è
l’intricato labirinto in cui perdersi di Adrian Wong & Shane Aspegren con l’ironica visione di una piuma rossa che spunta dai muri, in alcantara of
course. C’è un letto romantico per
le notti a palazzo di Paola Besana. Ci
sono la manona e i profili ripetuti,
come in un gioco di specchi, di Maurizio
Anzeri e le quinte di un teatro dell’immaginario, in cui il protagonista è il
viaggio, di Francesco Simeti. Le macrostampe fotografiche di Taisuke Koyama. E poi c’è la poltrona rossa di Matthew Herbert,
dove quando ci si siede si sentono le voci, i racconti , le storie di chi
lavora negli stabilimenti di
Alcantara. E dappertutto si può prendere
parte al gioco. Perché tutto, come annunciano di volta in volta i cartelli, si
può, anzi si deve toccare.
Nessun commento:
Posta un commento