Foto Pattie Boyd, London |
“L’India ha salvato la vita a molti ragazzi. L’hanno
identificata come un mondo senza pressione, con un respiro dolce” è il pensiero
di Shel Shapiro, musicista e produttore discografico. Hanno trovato nell’Oriente un’alternativa a quello che
sembrava promettere la droga. Anche per questo il viaggio dei Beatles in India
nel 1968 deve essere visto come un importante capitolo della nostra storia. Più
che un passaggio di rilievo per la loro musica. “Con i Beatles l’Oriente entra
nella cultura popolare” ha detto Luca Beatrice ideatore e curatore della mostra
Nothing is real. Quando i Beatles
incontrarono l’Oriente, da oggi al 2 ottobre al MAO Museo d’Arte Orientale
di Torino. L’esposizione non è solo un revival della vita o delle canzoni dei Fab Four, ma un racconto di
tutte le contaminazioni fra pittura,
letteratura,
cinema, moda, costume legate a quell’evento. Da vedere centinaia
di oggetti che documentano il viaggio
come strumenti esotici, foto dei quattro, cover di LP, locandine, appunti,
memorabilia varia. Ma anche le ceramiche di Ettore Sottsass realizzate nel 1968
e ispirate ai diagrammi del culto tantrico. O le mappe di Alighiero Boetti
create in Afghanistan, le opere di Francesco
Clemente anche lui incontrato sulla strada per Katmandu. I tableaux vivant di Luigi Ontani, sull’identità
del corpo in una versione aggiornata di
Kamasutra. E poi ancora la straordinaria carta geografica del fiume Gange di
Aldo Mondino fatta con cioccolatini
incartati in diversi colori. O le opere di grafica tra cui la rivista Pianeta
Fresco, ideata da Fernanda Pivano e Allen Ginsberg con la direzione
artistica di Ettore Sottsass. Dai reportage sulle comunità modello per gli
hippie di Italo Bertolasi alle foto di Pattie Boyd, fidanzata di George Harrison, il primo dei Beatles a essersi interessato
alla cultura orientale. E poi i libri cult
come Siddharta o Lo zen e l’arte della manutenzione della
motocicletta. E i film, da quello di un giovanissimo Furio Colombo sull’ashram
di Rishikesh al film psichedelico Wonderwall
di Joe Massot con musiche di George Harrison. Perfetto per entrare in sintonia l’allestimento dello
studio brh+ di Torino con gli essenziali arredi Lago, la colonna sonora di
Sonos che bene evoca quegli anni e il percorso olfattivo studiato da Lush. Ottimo
complemento Inside the wonderbox, selezione di film inediti e di archivio del Fashion Film Festival sull’incontro tra arti visive e moda.
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