venerdì 8 aprile 2016

LA SIGNORA IN VERDE


Mentre il pubblico prende posto, il palcoscenico si illumina. E appare un'immagine incuriosente. Posizionata in alto, su una mensola c'è una panchina. Su questa, immobile, è distesa una donna vestita di verde. Non indossa le scarpe, che sono posate per terra. Alla stessa altezza a distanza di qualche metro, su un’altra mensola c’è un albero dorato.  Qualche nota musicale e la donna all'improvviso si sveglia, si siede e inizia a parlare. Con qualcuno, al telefono, anche se non si vede né un cellulare, né un auricolare. S’intuisce che c'è un'emergenza e che dall'altro capo del filo c'è il fratello. La loro madre è stata ricoverata in ospedale. La donna s’infila le scarpe ed eccola di nuovo seduta. L'interlocutore, il fratello Mauro, questa volta è di fronte a lei, perché gli critica l'abbigliamento. Tra piccole accuse, attacchi violenti, prese in giro, emerge un rapporto faticoso, dei ruoli mai accettati, in un crescendo che alterna momenti di comicità ad altri di meschinità, squallore, o decisamente tragici. Sembra di sapere tutto di quella donna, dei suoi sensi di colpa, della sua intolleranza, dei suoi rimpianti, ma soprattutto della sua solitudine. E quando nel finale è seduta sulla stessa panchina, sconvolta, come si fosse appena svegliata, si capisce che gli anni sono passati ed è sempre più difficile distinguere fra ricordi e mondo reale per lei, Ombretta Calco. Si chiama così, con il nome dell’unico personaggio, la pièce in scena fino al 10 aprile al Teatro Verdi di Milano. Scritta da Sergio Pierattini, che si è ispirato vagamente a un curioso episodio accadutogli, ha l'ottima regia di Peppino Mazzotta.  Milvia Marigliano è una straordinaria Ombretta che, con una panchina e delle scarpe a sua disposizione, riesce a fare entrare in una situazione, meglio della più dettagliata scenografia. Tanto che soltanto quando cominciano gli applausi, e le portano una scala per scendere dalla sua postazione, si realizza che per un'ora in scena c'è stata solo lei.

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