O meglio è interculturale, perché è riuscita ad
abbattere ogni frontiera “linguistica, culturale, sociale, antropologica”. E’
quello che sostiene Massimiliano Capella, il curatore di Barbie
the icon una delle tre mostre (dal
28 ottobre al 13 marzo 2016) scelte per inaugurare il Mudec, Museo delle Culture di Milano. Con l’allestimento di Peter Bottazzi,
racconta la storia di una bambola che in 56 anni di vita ha viaggiato per tutto
il mondo,
diventando anche rappresentativa, con le sue mises,
di 50 nazionalità. Eccola quindi oltre che in quelle folkloristiche, in total
look firmati dai più grandi stilisti o
in varie divise come le 15 che hanno indossato le hostess dell’Alitalia negli
ultimi 60 anni. In lunghi da sera stile
red carpet e in abiti da sposa, anche se una delle tante scritte pseudo–ironiche
all’ingresso spiega che Barbara Millicent Robert, questo è il suo vero nome,
non si è mai sposata. Nonostante la lunga amicizia con Ken, presente insieme alla sorellina
Skipper. Trasformista eccezionale la Barbie diventa bruna, cambia make up alla
fine dei Sessanta per adeguarsi alle top model Twiggy e Jean Shrimpton, è abbronzatissima
in costume da bagno nel modello Malibù 1971, prende i tratti di Farrah Fawcett
nel 1977, ha la pella nera nel modello Black 1980. Ma è anche celebrity e personaggio storico. Da piccolo clone di Cleopatra e di Caterina
De Medici a miniatura di Grace Kelly in abito da sposa, di Marilyn più che mai vamp e di Audrey Hepburn versione Colazione da Tiffany. Da vedere anche la
casa dell’adorata bambola, i suoi mezzi di trasporto, la sua cucina, ma anche
tavolini e poltroncine rosa per bambine barbizzate.
Per saperne di più telefoni, ovviamente rosa, sono appesi alle pareti delle
sale. Mentre nella boutique centinaia di gadget ispirati a lei riempiono scaffali e banchi. Per un consumismo multiculturale.
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